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 2016  maggio 18 Mercoledì calendario

«Dell’Utri sta male. Concedetegli la grazia». L’appello di Feltri a Mattarella

 Succede sempre così. Quando uno va in carcere, se ne parla per un po’, poi ci si dimentica di lui, che marcisce dietro le sbarre. Pazienza, ce ne facciamo una ragione. È una regola uguale per tutti, anche per Marcello Dell’Utri, braccio destro di Silvio Berlusconi fino a un certo punto, quando, nel 2013, è stato condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Un reato anomalo, direi stravagante. Come si fa ad essere parte di una banda criminale restandone fuori? O si è mafiosi o non lo si è, stando alla logica, che tuttavia è estranea alle menti eccelse che esercitano il potere legislativo. Per capirci meglio. Una donna o è incinta o non lo è. Non può essere gravida ma appena appena.
Questo per mettere le cose in chiaro. Sta di fatto che Dell’Utri, «mafioso ma appena appena», è finito dentro dopo oltre un decennio di tormentati e tormentosi processi seguiti ad indagini di cui vi risparmiamo, per decenza, i dettagli. Alla verde età di 74 anni è stato rinchiuso in una cella superblindata a Parma e lì abbandonato quale rifiuto umano. Per dire: un’ora al mese di colloquio coi familiari.
La giustizia italiana, ovvero chi la amministra, si diletta torturando coloro che ha preso di mira. I quali – ed è il caso di Marcello – se si ammalano hanno a disposizione solo una terapia, anzi, un’autoterapia: pregare la Madonna affinché compia il miracolo di guarirli. Cosicché il «mafioso appena appena» quando ha avvertito i primi disturbi alla salute non è stato adeguatamente soccorso e ora, nonostante sia stato trasferito in prigione a Roma, sta male. Non gli sono stati praticati gli esami di cui necessita, perlomeno non tempestivamente, e l’uomo rischia di peggiorare. È già peggiorato, sostiene sua moglie. Dopo tre anni di segregazione, egli meriterebbe gli arresti domiciliari, minimo. Senza contare che il presidente della Repubblica ha facoltà di concedergli la grazia, specialmente in considerazione del fatto che il detenuto non è il classico delinquente, semmai è vittima di una legislazione lacunosa, per non dire folle, in materia di concorso esterno e baggianate simili. Non siamo giuristi né ci atteggiamo a tali, né siamo cancellieri e nemmeno uscieri di tribunale. Per cui non ci addentriamo in sottigliezze giuridiche. Pensiamo però che Dell’Utri vada trattato con la sensibilità della quale ogni persona ha diritto di godere allorché soffra non soltanto la galera, ma anche i guai del proprio fisico non più giovanile.
È chiedere troppo per lui il ricovero in una struttura ospedaliera dove sia curato in modo opportuno, nel rispetto della sua dignità? La nostra non è una pretesa, è una preghiera rivolta alle autorità giudiziarie e, perché no, al capo dello Stato a cui la Costituzione conferisce il potere di “regalare” la libertà a chi ne sia stato privato. Dell’Utri non è un pericolo pubblico, è un cristiano che grida aiuto. Glielo si dia e si ponga termine a questa assurda crudeltà.