la Repubblica, 18 maggio 2016
Giro, la rivincita dei ventenni
Sono in tre e a Sestola mancano una discesa e una salita, orrida la prima, morbida morbida la seconda. Dove provarci, è scritto. E succede per caso, però. Giulio Ciccone avrà 22 anni cinque giorni prima di Natale. È nato a Chieti. Lo aspettavano a Roccaraso: erano andati lì i suoi tifosi, che poi sono la sua famiglia, gli amici di scuola e quelli della prima ora, quando il bambino del Giro – è l’italiano più giovane in corsa – ancora si esibiva al Valle d’Aosta under 23. Gli altri due della fuga sono un compagno di squadra, Pirazzi, e Damiano Cunego. Pian del Falco, la discesa, Cunego e Pirazzi si scontrano e a momenti si ammazzano dopo aver sbagliato una curva. Ciccone resta solo e tira dritto. Ciccone, come Madonna «che è di origini abruzzesi, forse siamo persino parenti alla lontana», chissà, bambino. Non ha paura di prendersi tutti i rischi del mondo, non ha paura di Rovny che forse rientra, forse, forse. Non ha paura quando la salita spiana e c’è solo un km. Non ha paura di piangere quando Reverberi, il ds, dall’ammiraglia dice «Cicco, è fatta Cicco».
Verde è tutto sotto il Cimone ancora imbiancato, erba, foglie, la Bardiani. La squadra più giovane del Giro, 25 anni di media, ha il terzo vincitore di tappa meno anziano di tutti i tempi dopo Coppi e Marchisio. E c’è anche una maglia rosa nuova, di 23 anni, Bob Jungels. Quel che succede nel gruppo dei forti sull’ultima salita è curioso. Brambilla, in rosa con onore, si mette davanti a tirare per il compagno che lo segue in classifica a 1”. C’è da riprendere Amador, andato via in discesa. Brambilla si strappa da solo la rosa di dosso: «Bob stava meglio di me, è giusto così, ho lavorato per lui e per ringraziare i leoni della mia squadra, è stata una giornata bellissima lo stesso». Bellissima per Jungels, giovane lussemburghese che ora dice, da vero matusa, «non facciamo sogni esagerati, non sono qui per la classifica, ma mi piacerebbe andare avanti il più possibile con questa maglia». L’ultimo del piccolo Granducato a vestirsi col colore del migliore era stato Charly Gaul, che vinse il Giro 1959 prendendo la maglia non lontano da Sestola, all’Abetone, e riprendendola a Courmayeur. Jungels è giovane ma sa: «Oh sì, l’Angelo della montagna». Lui.
L’ultima punzecchiatura di Valverde su una delle ultime salite adatte alle sue sparate è costata a Nibali altri 4”, lo spagnolo ora è avanti di 2, ma tra Jungels e i due c’è l’indomito tico Amador. «Sono tranquillo» dice Vincenzo dalla solita scaletta del pullman, «Ritmo alto, ma si saliva bene di moltiplica, era inutile attaccare». Ce n’è uno in meno, comunque, un risultato la giornata l’ha prodotto. È la scomparsa di Landa, incredibile per certi versi. Il basco si è ritirato dopo 66 km. Dopo aver annunciato attacchi e mostrato una sicurezza impressionante nel giorno di riposo. Al termine di quest’ultimo, però, in un albergo di Ginestra Fiorentina è accaduto l’imprevedibile. Un virus intestinale o qualcosa del genere (indigestione? cattiva gestione del tempo libero? proprio in casa Sky, poi?), ed ecco che sulla prima salitella c’è un puntino nero che scola a fondo gruppo e poi non c’è più, tremante e arrabbiato, un po’ come Van Garderen al Tour 2015, ritirato dopo il riposo da secondo della generale. Cosa succeda quando le bici tacciono e si deve trascorrere del tempo a non pedalare, è mistero senza fine bello. Nuovo flop Sky in terra italiana. Domineranno il Tour come vogliono, ma qui da noi (vedi Wiggins 2013 e Porte 2015) non ne indovinano una.