Corriere della Sera, 18 maggio 2016
Da Milano alla Libia. Storie di italiani fuggiti per guai con la legge che si sono riscoperti avventurieri in nordafrica
«Io m’intendo solo di barche. Quando sono arrivato qui, mi son chiesto: cos’altro posso fare?...». Ha preso il suo Bertram, lo yacht che s’era portato via nella fuga da Rimini. Ha ridipinto il nome: Bukha Al Arabi, «in onore del più famoso eroe della rivolta di Bengasi». Poi ha caricato cibo e farmaci, ossigeno e medici, ed è salpato a recuperare gli sfollati di Bengasi, i feriti di Derna, i perseguitati di Sirte: «Una decina di spedizioni. Pericolosissime. Ho salvato 4-500 persone dall’Isis e dai soldati di Haftar. Decine di famiglie su barconi semiaffondati. M’hanno anche sparato addosso…». E gli affari? «Ma sì, qualcosa… Io sto coi towar, i rivoluzionari di Misurata. Hanno una Marina militare, sono il loro capitano: mi proteggono e li proteggo. Faccio service sulle barche. Qualcuna la vendo, qualcuna la porto...»
Il caos è il mio mestiere. La guerra, il mio scudo. A Giulio Lolli, 51 anni, latitante da sei, non serve più nascondersi: nella Tripoli anarchica del governo Serraj, lui domina il piano alto d’una villa nel quartiere più bello, l’Andalus che una volta ospitava le ambasciate, e da Bertinoro vengono a trovarlo persino i figli e la mamma. Della dolce vita romagnola in Maserati («ne avevo undici»), poche nostalgie: «A Tripoli si va al ristorante, c’è lo shopping!... —fa l’entusiasta —. Certo, la sera è meglio non andare in giro. Ma certe zone di Milano sono peggio».
Che ci fa qui? Lolli era il più grande commerciante italiano di yacht. Piazzava barche a nomi da rivista, faceva 32 milioni di fatturato. Un giorno fallì. E fuggì. Dal crac, dalle manette, da Rimini. Bye-bye ai magistrati, che ancora l’inseguono con un ordine di cattura internazionale per bancarotta fraudolenta e corruzione: ha scansato i 4 anni e 4 mesi già patteggiati, ha rimosso i sensi di colpa per il suicidio d’un ufficiale della Finanza, s’è inventato un sito web («L’ultimo avventuriero») e un nuovo nome, Karim. «Le primavere arabe m’hanno cambiato la vita», dice. Dandogliene un’altra, da film: approdato prima in Tunisia e poi in Libia, Lolli ha assaggiato le galere di Gheddafi. «Mi son fatto otto mesi di prigione durissima a Jdeida, coi detenuti politici. Torturato. Trattato peggio d’uno stupratore. Sorvegliato più di Rudolf Hess. “Very dangerous”, diceva di me l’Interpol. Un giorno sono piovute le bombe della Nato. E io sono riuscito a scappare. Fuori c’era la rivoluzione. Cos’altro dovevo fare? Mi sono arruolato. Ho sparato. Ed è stato così che sono diventato Karim. Il valoroso Karim, decorato sul campo».
Dell’Italia, Giulio Karim Lolli non vuol più sapere nulla: «L’ammetto, ho combinato qualche leasing farlocco per salvare l’azienda. Ma non ho mica mai ammazzato nessuno! E poi ho già saldato i miei conti con la giustizia: quando stavo nel carcere libico, di me non gliene fregava niente a nessuno. E quando sono uscito han provato anche a rapirmi, a rimpatriarmi stile Eichmann. Oggi per fortuna non succede più: l’ambasciata italiana, anzi, voleva che collaborassi a un progetto approvato dalla Marina militare di Misurata per costruire qui le barche!...». Ma in questi anni è mai uscito dalla Libia? Una risata: «A questa domanda rispondo un’altra volta…».
Lost In Transition
C’è una piccola e misteriosa Italia scomparsa nell’interminabile transizione libica, perduta in una terra senza legge. Nessuno la cerca, pochi ne parlano. Pregiudicati e spregiudicati. Avventurieri e bancarottieri. Combattenti e mercanti. Lolli non è solo. Quando vai a Zintan, i miliziani ancora narrano d’una mitizzata “Laura” che chissà se è mai esistita davvero, una sedicente giornalista che nel 2011 «sparava sui gheddafiani e aveva un coraggio incredibile – descrive Yousef Amrou, comandante tuareg —, rimase ferita in una battaglia e se ne andò via: era una mercenaria, ora si muove fra il Mali e il Centrafrica».
Non manca qualche mitomane, naturalmente: «Ho lasciato l’Italia tre anni fa per motivi che certo non racconto», ci dice R. D., settantunenne, un passato in divisa nelle caserme del Friuli, un presente coi sandali dentro una hall di Tripoli. «All’inizio, i libici pensavano che fossi una spia. Poi hanno capito che volevo solo starmene per i fatti miei». R. D. ogni tanto spara verità inverosimili – «ho fatto parte anche di Gladio, glielo giuro!» —, e intanto ha imparato a girare poco, a cautelarsi con una fidanzata libica che gli sbrighi le commissioni, a cambiare indirizzi email e cellulari: «Non ho soldi, non credo rapiscano uno come me. Ma la certezza assoluta non ce l’ho».
Brandelli d’Italia
La linea è l’ombra. Ogni giornata, un azzardo. 007 sparpagliati per Tripoli, attenti ai contatti imprudenti. Un ex impiegato venuto via da Brescia, nessuna voglia di tornare a casa. Una silenziosa signora L. che al telefono ti dice: «Per sopravvivere, non parlo con nessuno». I contractor delle grandi aziende, lasciati mesi a esigere eterni crediti. Talvolta rapiti, spesso inghiottiti nel pozzo nero di storie estreme. Vi dice niente il caso di Franco Giorgi? Da più d’un anno è un ostaggio. L’ennesimo. La Farnesina ha fatto di tutto perché non se ne sapesse nulla. L’abbiamo scoperto per caso, quand’è uscito un rapporto Onu sul traffico d’armi che lo citava: ascolano, 72 anni, professione mediatore, Giorgi è sbarcato a Tripoli nel marzo 2015 ed è sparito nel nulla.
Di lui rimane solo una telefonata concitata, otto mesi fa, per chiedere aiuto. Nient’altro. L’uomo è abituato ai guai: il suo nome circolò nei Balcani ai tempi di Karadzic. Fu ascoltato anche dalla commissione parlamentare sull’uccisione d’Ilaria Alpi. Dicono che qui volesse recuperare i soldi d’una fornitura d’armi da 28 milioni di dollari, destinatarie le milizie di Zintan. Ora si sta negoziando perché ce lo ridiano, riscatto base trecentomila euro. «Ho tanti amici, eppure non ne sapevo nulla», si stupisce Giulio Karim. Gli han chiesto di chiedere in giro. Con discrezione. «Se posso dare una mano a un italiano, perché no? Ma non sarà facile. La Libia non è un posto facile».