la Repubblica, 18 maggio 2016
La riforma Boschi punto per punto: ecco le novità su governo, Quirinale, Consulta, Csm e referendum
Non c’è solo l’addio al bicameralismo perfetto e al federalismo. La riforma Boschi interviene anche su alcuni delicati equilibri tra governo, Parlamento e gli organi di garanzia della Repubblica, con cambiamenti contestati da una parte dell’opposizione e da diversi giuristi. Fino all’accusa di voler dar vita ad un premierato assoluto di fatto, o ad un sistema “autoritario”, lesivo della democrazia, soprattutto considerando gli effetti congiunti del testo con la nuova legge elettorale, l’Italicum. Accuse naturalmente respinte dalla maggioranza ma anche da una parte dei costituzionalisti e da un ex presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano. Ecco dunque le novità su governo, Quirinale, Consulta, Csm e referendum.
I POTERI DEL GOVERNO
La riforma non attribuisce nuovi poteri al governo, se non il diritto ad avere una corsia preferenziale e “a data certa” per la discussione in Parlamento di quei disegni di legge che ritiene essenziali per applicare il suo programma. Così la Camera entro 5 giorni dalla richiesta dovrà mettere il provvedimento all’ordine del giorno e votarlo entro i 70 giorni successivi, con una possibile deroga di altri 15 giorni. Se il Senato vorrà esaminare il testo del governo dovrà farlo in tempi dimezzati rispetto alle altre leggi: 20 giorni in tutto. Sono escluse da questo ulteriore procedimento legislativo le leggi bicamerali, costituzionali, elettorali, di bilancio, i trattati internazionali, amnistia e indulto.
FIDUCIA E MINORANZE
Il governo avrà bisogno solo della fiducia della Camera, non essendo più il Senato una Camera politica. La nuova Costituzione assegna poi ai regolamenti parlamentari il dovere di garantire i diritti delle minoranze e a quello della Camera, in particolare, di adottare lo “statuto delle opposizioni”. Che, però, dovrà essere approvato a maggioranza.
LE DONNE
La promozione delle pari opportunità in favore delle donne viene rafforzata, stabilendo che le leggi elettorali per le Camere “devono promuovere l’equilibrio tra uomini e donne nella rappresentanza”.
I DECRETI
Vengono inseriti in Costituzione i limiti già previsti oggi dalla legge ordinaria: i decreti non possono riguardare materia costituzionale o elettorale, i trattati internazionali, l’approvazione di bilanci, la delegazione legislativa. Nè tanto meno possono essere ripetute norme contenute in precedenti decreti non convertiti dal Parlamento o bocciate dalla Consulta. Infine i decreti devono contenere misure di immediata applicazione, con materie omogenee e corrispondenti al titolo. Per la conversione la Camera avrà 40 giorni di tempo, il Senato solo 10. Poi il testo tornerà a Montecitorio che dovrà pronunciarsi definitivamente entro altri 10 giorni.
IL COLLE
L’elezione del presidente della Repubblica avverrà ancora nel Parlamento riunito in seduta comune e a scrutinio segreto. Dalla platea dei grandi elettori però spariscono i 58 delegati regionali, poichè i senatori già rappresentano le regioni. È ovvio che il peso del Senato si riduce, visto che i suoi membri scendono da 315 a 100, mentre i deputati restano 630. Si passa dunque da 1008 grandi elettori a 730 (più i senatori a vita). Cambia poi il sistema dei quorum per l’elezione: per i primi tre scrutini resta necessaria una maggioranza dei due terzi dei componenti come oggi, ma dal quarto scrutinio non basterà più l’attuale maggioranza assoluta e servirà quella dei tre quinti dei componenti. Infine viene introdotto un terzo quorum: dal settimo scrutinio basterà la maggioranza dei tre quinti (60%) ma stavolta calcolata sui “votanti” e non più sui “componenti”. Bisogna tener conto in ogni caso che, in base all’articolo 64 della Costituzione, i voti del Parlamento non sono validi se non è presente la maggioranza dei suoi componenti. Il nuovo sistema ha sollevato diverse critiche: per molti l’effetto congiunto della riforma e della nuova legge elettorale, che assegna alla maggioranza 340 seggi alla Camera, farà sì che la scelta del Colle venga fortemente influenzata dal partito che guida il governo. Per i sostenitori della riforma invece sarà impossibile per la maggioranza eleggere da sola il capo dello Stato (tanto più che lo scrutinio è segreto): dovrà sempre cercare un accordo con parte dell’opposizione. Ultima novità: il supplente del capo dello Stato non sarà più il presidente del Senato ma quello della Camera.
CONSULTA E ITALICUM
I cinque giudici costituzionali di nomina parlamentare non verranno più eletti in seduta comune: per evitare che il voto del Senato fosse irrilevante si è deciso di affidare a palazzo Madama l’elezione di due giudici, mente gli altri tre saranno eletti dalla Camera (restano il voto segreto e i quorum di oggi). L’altra importante novità è che le leggi elettorali potranno essere sottoposte al giudizio preventivo della Corte. Per far partire il ricorso basterà una minoranza parlamentare: un terzo dei componenti del Senato o un quarto di quelli della Camera. La Consulta avrà 30 giorni per pronunciarsi e se respingerà il testo questo non entrerà in vigore. L’obiettivo è evitare (ma il rischio non sparisce del tutto), ciò che è avvenuto col Porcellum: una bocciatura della legge dopo l’elezione del Parlamento con quel sistema. Una specifica norma consentirà di sottoporre alla Corte anche l’Italicum, nonostante sia stato approvato in questa legislatura.
IL CSM
Non cambiano le modalità di elezione degli 8 membri laici del Consiglio superiore della magistratura di nomina parlamentare. Ma poiché la scelta resta affidata al Parlamento in seduta comune quello che cambia, anche in questo caso, è il peso del Senato, che si riduce. Confermato lo scrutinio segreto e i quorum attuali.
IL REFERENDUM
È uno dei principali strumenti di democrazia diretta e la riforma introduce importanti cambiamenti, non solo modificando il quorum di quello abrogativo, ma introducendo anche i referendum “propositivi” e “di indirizzo”. In realtà per ora la possibilità è solo teorica. Ci vorrà infatti un’altra legge costituzionale per stabilire “le condizioni e gli effetti” dei nuovi referendum, seguita da una legge di attuazione ad approvazione bicamerale. In linea di principio col referendum propositivo vengono sottoposte al voto popolare specifiche proposte di legge, cosa ora possibile solo in alcune regioni. Il referendum di indirizzo ha avuto invece un precedente nazionale: nel giugno del 1989 gli italiani votarono oltre che per il Parlamento europeo anche per affidargli un mandato a scrivere la Costituzione dell’Unione. Per fare quel referendum tuttavia fu approvata una legge costituzionale ad hoc.
Resta in vigore ovviamente il referendum abrogativo sia con i requisiti attuali (500 mila firme per la richiesta e il quorum della maggioranza assoluta degli aventi diritto), sia con nuove modalità. Se si raggiungeranno le 800 mila firme infatti il quorum si abbasserà alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera. Resta il divieto di sottoporre a referendum le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia o indulto e i trattati internazionali.
INIZIATIVA POPOLARE
Finora le proposte di legge di iniziativa popolare sono state poche e hanno avuto scarsa attenzione in Parlamento. Con la riforma invece dovranno essere esaminate e votate in tempi certi (stabiliti dai regolamenti parlamentari). Però le firme necessarie per la presentazione salgono da 50 mila a 150 mila.