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 2016  maggio 17 Martedì calendario

Dalle nuove tecnologie alla vittoria di Verstappen, passando per suo figlio Giuliano. Intervista a Jean Alesi

Un passato in Ferrari e un presente da papà di un baby pilota. Jean Alesi risponde al telefono da Maranello: ha accompagnato il figlio Giuliano, che nel fine settimana a Barcellona ha esordito in Gp3 guidando un mostro da 400 cavalli e fa parte della Driver Academy, la scuola del Cavallino. Ma non ha la patente. E dovrà aspettare un paio d’anni per ottenerla, visto che ha solo 16 anni. Max Verstappen, che ne ha 18, ha vinto il suo primo Gran premio di Formula 1: gioventù precoce o le macchine di oggi sono troppo facili? «Nessuna delle due cose – risponde Alesi senior -. La Fia consente di guidare le prime monoposto a 15 anni. Chi è veloce fa carriera e arriva giovanissimo alle serie maggiori. Max si è subito distinto in Gp3 e la Red Bull l’ha preso».
Giusto o sbagliato?
«Da papà, dico che è troppo presto. Però il sistema è così: se non vai tu, ci sarà un altro al tuo posto».
Si è stupito dell’impresa di Verstappen?
«Tutti si sono stupiti. In realtà Max ha già una grandissima esperienza di guida. Suo padre Jos ha dedicato la vita a farlo correre fin da quando aveva 8 anni. Domenica a Barcellona mi sono emozionato anch’io: non ha vinto un ragazzo, ha vinto una storia. La F1 ha bisogno di freschezza: ha notato la reazione degli altri piloti?».
Sono andati a congratularsi...
«Esatto. Uno come Kimi Raikkonen, per esempio, non aveva parlato così tanto in tutta la carriera».
Un pilota della sua generazione, Jacques Villeneuve, sostiene che le monoposto di oggi sono troppo docili se un ragazzino è subito in grado di farle andare così forte.
«Non c’è un più difficile e un meno difficile: è sempre Formula 1. Le macchine attuali sono meno violente, hanno il servosterzo e sistemi di controllo dell’erogazione della potenza. Ai miei tempi il pilota pesava di più. Oggi il lavoro è diverso: ci sono tante regolazioni da fare e guai a chi commette il minimo errore. Guardi Rosberg: ha sbagliato un comando e il compagno di squadra gli è subito saltato addosso. La pressione psicologica è fortissima».
Mettiamola così: le piacerebbe scendere in pista oggi?
«No. Ognuno cresce con la tecnologia della propria età e quella attuale a base di elettronica non ha niente a che vedere con me. Io so domare i cavalli di un’automobile che vuole mettersi di traverso».
Lei vinse in Canada a 31 anni...
«La sensazione che si prova la prima volta lassù sul podio non dipende dall’età. Quanto a Verstappen, credo che fosse più emozionato il padre: non l’ho visto sotto il podio, immagino sia svenuto».
Suo figlio è nella Driver Academy Ferrari: ha mai sognato di vederlo vincere con la Ferrari?
«Se succederà, sarò io a svenire! Per lui essere qui non è soltanto un onore: è una grande chance. La scuola è stata ristrutturata, c’è la volontà di far crescere i ragazzi. Avere una preparazione fisica, psicologica e tecnica è fondamentale».
Chi è più bravo: Jean o Giuliano?
«Io a 16 anni oltre al francese parlavo solo il siciliano, lui conosce giapponese, inglese, francese e italiano, oltre a guidare una Gp3: basta questo per spiegare la differenza».