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 2016  maggio 17 Martedì calendario

Un’operazione di mercato in cui a guadagnarci è Rcs

La controfferta su Rcs si configura come un’operazione di private equity con un orizzonte di tre anni, periodo nel quale i soci della cordata promossa da Andrea Bonomi saranno vincolati da un accordo di lock-up. L’operazione è di mercato e ha il merito di sostenere i piani di rilancio dell’azienda con l’impegno a dotarla di 150 milioni di mezzi freschi.
La “leva” c’è già ed è nella società editoriale contesa anche da Urbano Cairo. La newco di Bonomi & C. sarà infatti finanziata esclusivamente per contanti e anzi i soci si sono già impegnati, appunto, a promuovere un aumento di capitale fino a 150 milioni, sottoscrivendo la quota di propria competenza. Auspicabilmente in tempi brevi, dato che è difficile portare avanti il rilancio di una società che opera in un settore critico come quello dell’informazione con l’assillo di un debito soffocante. Negli intenti le ulteriori risorse finanziarie sono finalizzate a dare un «rapido impulso alla crescita e allo sviluppo di Rcs», come recita il comunicato della controfferta. Ma Intesa, che è advisor di Cairo nonché il primo creditore con 162 milioni di esposizione, potrebbe chiedere il rimborso anticipato a fronte del change of control. Con una ricapitalizzazione di quest’ordine di grandezza, se l’Ebitda raggiungesse il target dei 100 milioni stimato per quest’anno, il rapporto net debt/Ebitda si riequilibrerebbe a 2,6 volte e non sarebbe necessario considerare un’uscita frettolosa dalla Spagna che di quell’indebitamento è stata la causa, ma che oggi potrebbe apportare prospettive di sviluppo. In parallelo la rinegoziazione del debito con le banche potrebbe essere portata a compimento certamente a condizioni meno onerose delle attuali.
Andrea Bonomi è in effetti un operatore di private equity: l’obiettivo non è il delisting. I soci storici che hanno deciso di accompagnarlo nell’avventura, a parte Diego Della Valle, fino a ieri erano tutti supposti o espressi venditori. Ma non a qualsiasi prezzo: accettare di uscire ai minimi non sarebbe stato ammissibile neanche per un investitore istituzionale. Così anche Mediobanca, che aveva messo nel suo piano industriale la liquidazione della sua partecipazione in Rcs, ha fatto marcia indietro. Come pure Unipol, che aveva ereditato la quota dall’acquisizione di Fondiaria-Sai, e come pure Pirelli che non aveva escluso, dopo l’accordo con ChemChina, di dismettere tutte le partecipazioni non core.
L’Ops annunciata da Cairo Communication valuta implicitamente il titolo Rcs meno di 60 centesimi con pagamento in azioni dell’offerente. La contro-Opa offre invece 70 centesimi tutti per contanti. Cairo ha messo sul piatto le sue doti di editore-ristrutturatore (l’esperienza di La7 depone a favore), ma chi deve consegnare le azioni bada al prezzo. Non c’è dubbio che, in assenza di un rilancio, la spunterà l’offerta della cordata Bonomi. Il prezzo offerto è ancora inferiore al target di 81 centesimi individuato in media dagli analisti, ma è a premio rispetto ai corsi di Borsa degli ultimi 3 e 6 mesi, se non dell’ultimo anno. In più la proposta di Bonomi ha il vantaggio di essere recepita come più “amichevole” dal board di Rcs, perchè a supporto del management attuale – si propone infatti di «sostenere e accelerare il processo di ristrutturazione avviato positivamente dall’attuale management» – e del piano industriale varato dall’azienda, piano i cui punti-chiave sono richiamati nel comunicato della controfferta. Scommettere che sia finita qui – viste le dichiarazioni dissonanti dei giorni scorsi – non è cosa, ma perlomeno nella contesa a guadagnarci questa volta è l’azienda Rcs.