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 2016  maggio 17 Martedì calendario

Buffett 2.0, l’oracolo di Omaha si dà alla tecnologia. Vuole investire su Apple e Yahoo, lui che nell’economia digitale non ci ha mai creduto

Warren Buffett ha finalmente scoperto le società tecnologiche. Nel giro di pochi giorni, infatti, ha prima offerto il suo appoggio a un cordata interessata a rilevare Yahoo, e poi ha investito un miliardo di dollari nella Apple. Un’epifania improvvisa, oppure una scelta dettata dai criteri che hanno sempre determinato le scelte del suo fondo Berkshire Hathaway?

L’Oracolo di Omaha è noto non solo per la sua frugalità, ma anche per lo scetticismo verso l’intera economia digitale. Negli Anni Novanta diceva che non capiva il boom delle società «dotcom», e i fatti gli hanno dato ragione. Lui preferiva puntare su aziende consolidate e concrete, con un prezzo delle azioni basso e un flusso di contante prevedibile. Questa roba di Internet gli pareva campata in aria.
Nel 2011 c’era stato un primo segnale di ripensamento, quando Berkshire aveva investito circa 10 miliardi di dollari, saliti nel frattempo a 12,3, nella vecchia Ibm. Quando gli avevano chiesto perché, Buffett aveva risposto così: «Abbiamo meno possibilità di sbagliare con Ibm, almeno noi, che non con Apple e Google».
Cinque anni dopo, cioè pochi giorni fa, si è scoperto che Berkshire ha offerto copertura finanziaria alla cordata guidata dal fondatore di Quicken Loans Dan Gilbert, per comprare Yahoo. Non una partecipazione all’acquisizione, ma comunque un appoggio all’operazione. Ora, poi, si viene a sapere del miliardo di dollari investito invece direttamente nella Apple. È cambiato l’Oracolo di Omaha, oppure sono le società tecnologiche che stanno diventando più simili a lui?
L’interpretazione più diffusa tra gli analisti è che Buffett, come al solito, ha intravisto l’opportunità di fare un investimento profittevole, e l’ha colta. 
Il valore delle azioni della compagnia fondata da Steve Jobs è sceso del 13% da metà aprile ad oggi, dopo aver annunciato il primo calo dei ricavi in 13 anni, a causa del primo declino nelle vendite degli iPhone. 
Questo ha reso i suoi titoli un’occasione, anche perché Cupertino conserva riserve di contante molto ingenti, e continua a innovare prodotti concreti e universali come gli smartphone. Tanto che il titolo in chiusura sfiorava un più 4 per cento.
Molti sospettano che l’investimento sia stato in realtà deciso e concluso da uno dei vice di Buffett, Todd Combs o Ted Weschler, anche se è difficile che lui ne fosse completamente all’oscuro.
Il criterio, comunque, sarebbe quello solito. Una compagnia consolidata, che fa prodotti concreti e ha salutari riserve di contanti, le cui azioni sono scese a un livello che lascia presumere la possibilità di incassare profitti significativi. Nessuno, in sostanza, si aspetta che l’Oracolo di Omaha voglia scalare l’impresa fondata da Steve Jobs, e meno ancora diventare il suo chief executive officer. Nel caso di Yahoo, naturalmente, se la sua cordata favorita prevalesse, l’azienda verrebbe ristrutturata. Ma non sarebbe lui a farlo, perché Warren si limiterebbe a garantire il debito.
La mossa di Berkshire, però, consente forse di fare una riflessione sull’evoluzione delle società tecnologiche. Un tempo erano anatema per Buffett, ma ormai, in alcuni casi, sono diventate così «mainstream», da meritare la sua attenzione finanziaria.