la Repubblica, 17 maggio 2016
Il glifosato, gli Ogm e la semplificazione della complessità
Il glifosato (il diserbante chimico più usato al mondo) non è cancerogeno, dice l’Oms. È ovviamente rilevante che non lo sia; così come sarebbe rilevante se lo fosse. Ma non è questo il punto; anche se è il solo punto “mediaticamente sensibile”, in grado di innescare i titoli dei giornali. Il punto vero, quello che presiede il presente e prepara il futuro, è il modello agricolo. Il glifosato viene usato in simbiosi con sementi ogm progettate per resistergli. Nel campo rimangono dunque in due: il glifosato e il suo unico superstite. Tutto il resto muore. Provate a pulire a mano un campo, anche piccolo (io l’ho fatto), e capirete perché la chimica ha le sue ottime ragioni. Ma provate a moltiplicare per milioni e milioni di ettari nel mondo il modello glifosato/ogm e capirete che siamo di fronte al più colossale caso di “semplificazione” della sfera biochimica mai visto sotto il sole. La complessità dell’ambiente, le biodiversità, le infinite e ancora semisconosciute connessioni tra specie, gli equilibri e gli squilibri tra piante e insetti, la fertilità di quel terreno nel medio e nel lungo periodo (dunque i costi e i ricavi spalmati nel tempo, e non “strozzati” in poche stagioni), tutto è sacrificato a vantaggio di una “produttività” di brevissimo respiro. Infine, e non è un dettaglio: il maggior produttore del glifosato e il proprietario del brevetto ogm resistente al glifosato sono lo stesso soggetto. Ce n’è abbastanza per discuterne, o no?