17 maggio 2016
Il richiamo del Papa ai vescovi: «Siate sobri, basta proprietà» • Il Vaticano ha nel mondo un milione di immobili per un valore di duemila miliardi • Gli alleati forniranno a Tripoli armi ma non truppe • Si voterà solo un giorno sia alle amministrative che al referendum di ottobre • Riammessa a Roma la lista Fassina • Assolto Antonio Conte: non sapeva delle scommesse • L’uomo che ha accoltellato la moglie e poi s’è suicidato
Francesco Papa Francesco parlando ieri ai vescovi italiani e descrivendo il modello del parroco ha detto che «non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici»; «per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno». Ha uno «stile di vita semplice ed essenziale» che «lo avvicina agli umili»; «cammina con il cuore e il passo dei poveri ed è reso ricco dalla loro frequentazione». Il Papa ha riproposto l’ideale della vita austera che sempre predica agli uomini e alle donne di Chiesa, quello stesso ideale che gli viene dalla formazione gesuitica. Il gesuita anche quando è un professore universitario si accontenta di una stanza, un letto, una scrivania: è la fedeltà a quell’ideale che l’ha convinto a restare al Santa Marta e che l’induce a richiamare con continuità ai consacrati non solo l’impegno a essere poveri ma anche a «crescere» nella povertà. «Pregate per me, perché il Signore mi faccia ogni giorno più povero» ha detto sabato 7 maggio ai «Medici con l’Africa». Tanta è la sua insistenza su questo tema, che in più occasioni ha sentito il bisogno di difendersi dall’accusa di pauperismo, che rigetta con decisione: «Questo di andare verso i poveri non significa che dobbiamo diventare pauperisti, una sorta di barboni spirituali» aveva detto il 17 giugno 2013. Sulla necessità di non interpretare i richiami alla povertà come elogio o scelta di una vita misera è tornato cinque giorni addietro dialogando con 900 suore: «La vita religiosa è un cammino di povertà ma non è un suicidio». In quella stessa conversazione ha detto che «la miseria può corrompere la vocazione religiosa quanto la ricchezza» (Accattoli, Cds).
Vaticano Il Vaticano possiede nel mondo un milione di immobili per un valore di duemila miliardi. Chiese, naturalmente, poi sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, conventi, missioni, case di riposo, seminari, centri di cura e bellezza, ospizi, orfanotrofi, asili, pii alberghi per turisti e pellegrini, terreni e molte abitazioni civili date in locazione. Solo tra ospedali, scuole e università la chiesa cristiana e cattolica può contare sullo stesso numero di edifici presente negli Stati Uniti. Di quel milione di proprietà, settecentomila beni materiali sono all’estero, trecentomila in Italia concentrati, questi, in Lombardia e Veneto, naturalmente a Roma. Secondo il Gruppo Re, che da sempre fornisce consulenze al Vaticano sul tema, il 20 per cento del patrimonio immobiliare italiano è tutt’oggi proprietà della chiesa: 115 mila pezzi. Lo calcolò per primo Paolo Ojetti in un’inchiesta per l’Europeo del gennaio 1977 che rivelò come un quarto della capitale fosse nelle mani della Chiesa apostolica. Solo a Roma ogni anno vengono registrati 8-10 mila testamenti a favore del clero (Zunino, Rep).
Libia La Conferenza di Vienna organizzata da Italia e Usa segna la svolta in Libia: 20 Paesi, tra i quali i membri del consiglio di sicurezza dell’Onu e l’Egitto, hanno sottoscritto una dichiarazione che riconosce l’operatività del governo di Fayez Al Sarraj. Pieno appoggio a quel governo e ai suoi sforzi, da parte della comunità internazionale: non solo garantendo, come fa il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che «siamo pronti ad addestrare e equipaggiare le forze militari libiche», ma anche, come si è deciso ieri, sostenendo la sua richiesta di eccezioni all’embargo sulla vendita delle armi, per potersi difendere dai terroristi. «Sosteniamo pienamente questi sforzi», si legge nella dichiarazione finale firmata da Stati Uniti, Russia, vari Paesi europei tra cui l’Italia, altrettanti della regione mediorientale (Schianchi, Sta).
Voto Si voterà in un solo giorno, sia alle elezioni amministrative a giugno che al referendum confermativo della riforma della Costituzione, a ottobre. Lo ha deciso ieri il Consiglio dei ministri, scartando l’ipotesi di estendere i voti a due giornate. Non c’era il consenso unanime delle opposizioni, dunque meglio evitare polemiche, è stato il ragionamento di Matteo Renzi, secondo il quale per entrambe le consultazioni cambia poco. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha aggiunto un commento ufficiale: «Avevo proposto l’estensione del voto per andare incontro a una istanza che mi veniva rappresentata da più parti, anche dalle opposizioni, e cioè di ampliare la partecipazione e ridurre i rischi di astensione dalle urne. Di fronte a tante polemiche pretestuose e strumentali meglio evitare». Plaude il candidato sindaco a Milano Beppe Sala, tra i primi a contrastare l’idea. Il candidato a Roma Roberto Giachetti la definisce «indifferente». Mentre il centrodestra insorge. «Caos totale governo. A questo punto Tso per tutti, da Renzi ad Alfano», attacca Renato Brunetta, dopo che anche Silvio Berlusconi aveva definito «saggio» votare il lunedì. «Renzi ormai ha paura anche della sua ombra», incalza Matteo Salvini. «Un’altra occasione persa per la democrazia», si lamenta Gianluca Corrado, candidato a Milano del M5S, in disaccordo con Luigi Di Maio, secondo cui i due giorni sarebbero serviti a Renzi (Galluzzo, Cds).
Fassina Il voto per le Amministrative cambia ancora, in un campagna elettorale dai mille colpi di scena, per effetto delle sentenze del Consiglio di Stato. La lista di Fratelli d’Italia riammessa a Milano e Stefano Fassina rientra in gioco nella Capitale, quando ormai non ci credeva più quasi nessuno. Il Consiglio di Stato, oltre alle motivazioni degli avvocati di Fassina («sentenza che supera un orientamento consolidato», commenta il legale Carlo Contaldi la Grotteria), ha sottolineato «l’importanza del principio democratico della massima partecipazione alle consultazioni elettorali nei casi in cui le liste siano in possesso di tutti i requisiti sostanziali e formali essenziali richiesti dalla legge» ed ha ritenuto illegittima l’esclusione di Sinistra italiana (motivata dalla mancanza della data sull’autentica delle firme necessarie a presentare le liste) perché «nessuna disposizione di legge prevede, per la materia elettorale, la nullità di tali autentiche quando siano prive di data, purché risulti certo che l’autenticazione sia stata effettuata nel termine previsto dalla legge». Diversa la motivazione nel caso di FdI a Milano, dove mancavano le dichiarazioni dei candidati sulle incandidabilità. Secondo Palazzo Spada, invece, «le dichiarazioni sono state depositate il giorno successivo e il ritardo era addebitabile ad un comportamento tenuto dalla stessa amministrazione». Ma anche in questo caso si è voluto soprattutto salvaguardare il «principio democratico». Per chiudere, riammessi anche Rete Liberale (a sostegno di Alfio Marchini a Roma) e Ncd a Cosenza (Menicucci, Cds).
Conte Assolto Antonio Conte (e il suo vice Angelo Alessio): cade l’accusa di frode sportiva. Il c.t. della Nazionale, nonché allenatore del Chelsea, esce dal processo Calcioscommesse dopo quattro anni di accuse e sospetti. «Un incubo — scriverà Conte su Facebook — che a tratti mi è sembrato non potesse mai finire». «Il quadro accusatorio nel complesso ha retto», commenta il pm Roberto Di Martino (che probabilmente non impugnerà): i patteggiamenti sono arrivati a 17; gli imputati per associazione a delinquere restano di competenza del tribunale di Cremona e sono stati tutti rinviati a giudizio, da Signori a Doni, da Mauri a Pellissier: per loro (una cinquantina) appuntamento il 6 dicembre in aula. Gli imputati per il solo reato di frode sportiva (quelli accusati di aver taroccato singole partite), invece, sono distribuiti nei vari tribunali competenti sulle combine. Ma per quanto riguarda Conte, anche se l’assoluzione è con formula dubitativa (prova incompleta), l’accusa di frode sportiva per AlbinoLeffe-Siena (29 maggio 2011) è crollata. Il pm aveva chiesto sei mesi di reclusione e 8 mila euro di multa: pena minima, macchia enorme sul curriculum. «Avevamo l’esigenza di uscire al più presto dal processo — spiegano gli avvocati Francesco Arata e Leonardo Cammarata — perciò siamo stati quasi costretti a chiedere il rito abbreviato: una scelta forte e rischiosa». Secondo il gup, il c.t. non sapeva che attorno a quella partita ci fossero scommesse (Ravelli, Cds).
Delitto Michela Noli, 31 anni. Fiorentina, hostess di terra all’aeroporto di Peretola, bel viso incorniciato da lunghi capelli biondi, dopo due anni di matrimonio un mese fa aveva lasciato il marito Mattia Di Teodoro, 33 anni, impiegato nella tipografia di famiglia, «ragazzone buono e mite». Era tornata a vivere dai genitori e aveva iniziato una nuova relazione. Sabato scorso il Di Teodoro si presentò a casa del nuovo compagno dell’ex moglie e parlò con entrambi, dando l’impressione di essere tranquillo: a lei diede pure una pacca sulla spalla, augurandole il meglio per il futuro. Quella sera, con la scusa di doverle restituirle una valigia con le sue cose e di volerle parlare dei dettagli della separazione, passò a prenderla sotto casa. Lei salì sulla sua Citroen C2 bianca, lui guidò fino a una strada buia e appartata che costeggia l’Arno, si fermò, tirò fuori un grosso coltello da cucina, lei alla vista della lama tentò di aprire la portiera dell’auto ma lui la colpì venti volte all’addome, al petto e alla gola. Quindi mandò un sms a un amico per dirgli che aveva ammazzato l’ex e che si stava per suicidare e subito dopo si conficcò la lama nella gola. Un biglietto, lasciato nella sua casa sulle colline di Careggi, in cui chiede scusa ai genitori e ai suoceri spiegando d’essersi sentito «umiliato e deriso». Sera di sabato 14 maggio nel «campo delle coppiette» in via dell’Isolotto a Firenze.
(a cura di Roberta Mercuri)