la Repubblica, 16 maggio 2016
I troppi errori di Serena e la scarsa concentrazione di Nole. Cronaca delle finali degli Internazionali
Un amico, che mi dice di aver firmato a un bagarino una cambiale di settecento euro per penetrare al Centrale, riceve tutta la mia comprensione, tanto da farlo ammettere abusivamente (è un vero scrittore) alla Tribuna Stampa. Sotto un cielo privo di luce, con un vento che solleva onde accecanti di polvere rossa, assistiamo alla finale tra la campionessa del mondo, Serena, la nuova speranza americana Madison Keys. Dapprima entusiasta, l’amico lo diviene via via meno, sinché, alla fine del primo bruttissimo set, il delusissimo scrittore si spinge a domandarmi: «Ma è possibile che facciano tanti errori?». Li avevo rilevati anch’io, rispondo, ma, vergognandomi di non aver tenuto uno scout attendibile, prendo a contare. Conta e conta, mentre Serena gioca sinceramente male, e Keys sbaglia una quantità di servizi per colpa del lancio altissimo e del vento, giungo a un risultato che rimarrà forse tra i record. Sui 48 punti che consegnano a Serena il quarto dei suoi Internazionali d’Italia, qualcosa come 36 sono errori. Seguono simile scoraggiante match due celebrazioni. La consegna della racchetta d’oro, un’invenzione di un collega scomparso, Lino Cascioli, a Mima Jausovec (1976), dimenticata vincitrice, e al mio amico Stan Smith, per me indimenticabile vincitore di Wimbledon, oltre che Presidente della Hall of Fame. E, per rendere la giornata storica, vengono ricordati i nostri quattro eroi di Santiago del Cile 1976. Furono premiati in Cile indossando la cravatta della Hall of Clerici, un club di non facile accesso, ma mentre li applaudo, sono un po’ deluso che, dei viaggiatori a Santiago, sia rimasto solo io ad averla al collo.
È seguita una finale contraddistinta da alcune componenti, tra le quali elencherei l’ottima forma di Andy Murray, a fronte della insufficiente condizione di un Djokovic costretto, per tre volte, a faticose vittorie di tre set. Nel tentar di immaginare il vincitore del torneo, ne avevamo discusso iersera con amici avveduti, e ci eravamo trovati d’accordo che gli avversari precedenti fossero stati molto più impegnativi per Nole, come Nadal e soprattutto Nishikori, che era andato vicinissimo a batterlo. Il serbo ha però dalla sua tali qualità di winner che avrebbero potuto aiutarlo a superare una condizione ancora insufficiente.
Come l’ho visto però ricordare un lieve incidente alla caviglia, e discutere molto vivacemente con l’arbitro Stener, per il fastidio provocato dall’intermittente gocciolio, mi sono reso conto di quanto la sua concentrazione fosse oggi scalfita. Quanto ai colpi, va detto che, da una somma della loro lunghezza, come si fa al Roland Garros, Murray avrebbe certo guadagnato qualche centinaio di metri. Sono sempre più perplesso, per la presenza massiccia di televisioni e di cronisti, che possa esser utile riferire le semplici successioni del punteggio. Mi limiterò quindi a ricordare le sequenze indicative, nel primo set di 12 punti a 2, utile a condurre Murray in vantaggio di quattro giochi a uno, e la seconda, sempre in favore di Andy, da 1-2 a 4-2 nel secondo, con 14 punti a 8. Nel sottolineare che il due su tre, e il tre su cinque sono sport diversi quanto lo slalom gigante e quello speciale, il prossimo Roland Garros si annuncia più interessante, perché Nole non è certo solo, nell’essere il favorito. Murray, e anche Nishikori, l’hanno dimostrato.