Corriere Economia, 16 maggio 2016
Niente più grisaglia alla Gordon Gekko, ora i lupi della finanza indossano jeans e maglietta
A settembre sbarcherà su Sky Atlantic, veicolando il sovvertimento del «dress code». Nella serie «Billions», il corrotto Bobby Axelrod, manager di hedge fund, ha un guardaroba fatto esclusivamente di magliette grigie, jeans e felpe col cappuccio, mentre il sigaro e il gessato sono appannaggio del procuratore che lo insegue (Paul Giamatti).
Ma in maglietta grigia era già Christian Bale ne «La Grande Scommessa», sullo speculatore che nel 2005 scopre un mercato immobiliare estremamente instabile, e destinato a crollare.
Il denaro c’è, ma non si vede, diceva Gordon Gekko. E certo, le sue felpe saranno Cucinelli, le sneakers in edizione limitata, ma «Axe» potrebbe passare per un dipendente di Facebook. Perché a Wall Street i finanzieri di una volta non ci sono più, o almeno i loro abiti. Il gessato, le bretelle, la camicia col colletto a contrasto. La «power suit» degli anni Ottanta, immortalata da «Il Falò delle Vanità» di Tom Wolfe e «Wall Street» di Oliver Stone (entrambi 1987). Sherman McCoy e soprattutto il look iconico di Gekko, capolavoro della costume designer Ellen Mirojnick, crearono il mito, e vennero imitati da «American Psycho» a «Margin Call», al «Lupo di Wall Street».
Oggi la «power suit» è morta, e il colpo di grazia, ironizzava sul New York Times Vanessa Friedman, gliel’ha dato la retorica di Bernie Sanders, che aizza contro Wall Street un popolo frustrato (e contro Hillary, che a marzo ha ricevuto dalle banche il 53% dei contributi elettorali). Axe non stonerebbe neanche a uno dei suoi rally, ma la power suit era già fuori moda nella crisi del 2008, quando persero quota totem del settore come le scarpe Ferragamo, e l’ecommerce di lusso Net-a-Porter iniziò a consegnare gli acquisti in buste anonime di carta marrone. La sensazione era che fosse sconveniente, perfino rischioso, rappresentare il più ricco uno per cento della popolazione nei giorni di «Occupy Wall Street». Scricchiolava, la power suit da migliaia di dollari, già negli anni Novanta, quando, mentre facevano più soldi che mai, i banchieri iniziarono a fingere modestia. Anche se dentro erano tutti Sherman McCoy, e festeggiavano una vendita saltando sul tavolo e gridando, «Sono il padrone dell’universo».
Per certi versi, Gekko mostrava già la corda nel 1987. Quando in doppiopetto di lino chiaro e polo nera (il «Gekko casual») era una via di mezzo tra Don Johnson in Miami Vice e il proprietario di un nightclub a Rio, e veniva stracciato da Terence Stamp in giacca principe di Galles.
Oggi non occorre fingere, chiosa Friedman, perché nessuno si veste più a quel modo. Wall Street rincorre l’understated, «spiegazzato» è l’aggettivo più frequente per descriversi. Non solo la crisi. Il casual Friday ha fatto irruzione nelle banche d’affari coi suoi calzini colorati.
E poi l’influenza della Silicon, coi venture capitalist che vanno in giro come i «fighetti» che finanziano; l’avvento di un settore ombra di hedge fund e private equity che del décontracté fanno bandiera.
La power suit è morta anche per le imitazioni cheap. Ai primi anni Novanta, quando non c’era ormai commesso viaggiatore senza bretelle e capelli gellati, la reazione fu di fuggire dal cliché: ogni trader che lasciava la banca d’affari per l’hedge fund correva ad acquistare un paio di sneakers. Il «pile» è il nuovo cachemire. Quello che indossano a Sun Valley, città-resort dell’Idaho ribattezzata «il campo estivo dei miliardari», perché ci vanno i Warren Buffett e i Tim Cook. Ma c’è anche il nuovo Rolex. Che si chiama Shinola, come il lucido da scarpe, sembra un Fossil di lusso e costa tra i 500 e i 1.100 dollari.
E certo, ci sono eccezioni. Come Bill Ackman, il George Clooney di Wall Street, noto per il tocco sartoriale dei suoi abiti. E Jamie Dimon di JPMorgan Chase, Lloyd Blankfein di Goldman. Che però ha sdoganato la barba nell’ambiente, e come Dimon, quando è in sede, toglie la giacca e appende la cravatta. La stessa disinvoltura con cui Dimon l’anno scorso ha fatto fuori 6.761 dipendenti e guadagnato 27 milioni di euro (+35%). Perché «greed (l’avidità) is good», come diceva Gekko. Anche se indossa la maglietta.