Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 16 Lunedì calendario

Salta la legge per eleggere i neo-senatori

«I senatori che arrivano dalle regioni, in prima battuta verranno scelti attraverso una norma transitoria, che dice che siano i Consigli regionali a farlo. Poi il prossimo Parlamento farà la legge elettorale». Alla gente normale può sembrare arabo, ma questo annuncio buttato lì venerdì durante un convegno dal sottosegretario Gianclaudio Bressa, ha creato sconcerto nei ranghi del Pd. Perché tradotto, vuol dire una cosa sola: che l’accordo a fatica trovato nei mesi scorsi, dopo mille trattative, sulla forma di «elezione» dei consiglieri regionali che dovranno approdare nel nuovo Senato, non sarà applicato se non tra qualche anno: di sicuro dopo il 2018. Il tema molto sentito dai fautori del nuovo Senato «elettivo» è stato dibattuto pure in commissione Affari Costituzionali durante l’esame della riforma e costituisce uno dei cardini delle richieste della minoranza Pd durante la fase delle trattative che poteva portare alla rottura. Tanto che i «compagni» non hanno preso bene le parole di Bressa, perché volevano che la legge si facesse subito prima delle urne previste nel 2017 in alcune regioni chiave. Sembra una piccola cosa, ma la questione non è di poco conto: significa che se la riforma Costituzionale passerà al referendum di ottobre, i cento neo-senatori nel 2018 verranno nominati dalle regioni: ognuna sceglierà a modo suo i predestinati a Palazzo Madama. Dunque sarà il prossimo Parlamento ad approvare una legge nazionale che valga per tutte le regioni specificando i modi in cui i senatori-consiglieri regionali devono essere «eletti». 

Gruppi su e giù
Ogni mese circa 10 parlamentari cambiano gruppo, uno ogni tre giorni. Dopo la rottura tra Berlusconi e Alfano a causa del governo Letta, l’emorragia maggiore l’ha subita Forza Italia, come ovvio, così come la crescita più significativa è quella di Ap, ma in tre anni, da quando si è formata la nuova legislatura, la classifica stilata dal sito Openpolis di chi guadagna e chi perde tra i gruppi parlamentari offre svariate curiosità. Sul podio dei perdenti Forza Italia, che sconta l’uscita di 46 esponenti azzurri, poi i montiani di Scelta Civica, con meno 26 unità e i grillini, con un meno 18. Sul podio dei vincenti il primo posto, insieme ad Ap, tocca al gruppo Misto, che si è andato ingrossando fino a contare oggi 61 deputati. E anche il Pd ha un bilancio in positivo, con 11 acquisti rispetto a inizio legislatura.