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 2016  maggio 16 Lunedì calendario

«Il mio avviso di garanzia non conta». Il sindaco Nogarin prova a spiegare perché lui può restare nel M5s e Pizzarotti no

Sindaco Nogarin perché il suo avviso di garanzia non basta per dimettersi?
«Perché io non ho rubato, non ho usato denaro pubblico per interessi personali. Il mio avviso di garanzia è stato generato da un atto amministrativo: forse quello di aver assunto 33 precari dell’azienda municipalizzata che avrebbero perso il lavoro. E siccome sono innocente sono pure sereno».
Però, secondo un sondaggio, la maggioranza della base del M5s la pensa in modo opposto.
«Non ci sto al giochino dei sondaggi. La base è compatta e mi sostiene sulle non dimissioni».
E se la rinviano a giudizio?
«Mi dimetto immediatamente. E, se dalle indagini preliminari emergessero comportamenti illeciti da me compiuti anche in buona fede, non aspetterei neppure il rinvio a giudizio per fare un passo indietro».
Neppure il suo collega Pizzarotti ha rubato…
«E infatti non è stato sospeso per l’avviso di garanzia, ma per aver aspettato mesi prima di rendere noto il provvedimento. Mi dispiace, ma non è stato trasparente».
Dica la verità sindaco, lei ha scaricato un amico?
«Assolutamente no. Ho stima di Federico, lo considero un bravo amministratore. Gli sono anche riconoscente come iscritto al Movimento. Pizzarotti è stato il primo a far diventare realtà un sogno a Parma. L’ho criticato perché ritengo avrebbe dovuto fare quello che io ho fatto quando, dopo aver ritirato l’avviso di garanzia il 7 maggio, cinque minuti dopo l’ho reso pubblico».
Vi siete parlati?
«Ci siamo telefonati ma nessuno dei due ha risposto. Quando io ho chiamato lui era occupato, quando ha chiamato Federico ero occupato io. La volontà di parlarci c’è stata. Credo che il nostro reciproco apprezzamento non si sia modificato».
Lei è mai andato da Grillo o da Casaleggio senior e junior a chiedere come governare la sua città?
«Assolutamente no. Io rispondo solo al consiglio comunale e ai livornesi. Non ci sono mai state ingerenze. Il Movimento mi lascia piena autonomia di scelte e di pensiero».
L’accusano di non accettare critiche?
«Se costruttive, sono ben accette. Quando sono false e strumentalizzate da certa stampa no. Io ho la massima stima dei giornalisti ma che in Italia ci sia un problema sull’informazione mi sembra evidente».
Lo dicevano anche Craxi e Berlusconi.
«Io dico una cosa diversa: di cercare con più forza la verità, anche la più scomoda, di criticare ma senza giudizi aprioristici e strumentali. Chiedo ai giornalisti di avere a modello grandi giornalisti democratici. Uno per tutti: Montanelli».
E il suo modello di politico?
«Gandhi. Non sono un megalomane, è una figura ideale che ovviamente non riuscirò a raggiungere neppure lontanamente. Però cerco di seguire il suo insegnamento».
Gandhi era uno spirito libero. Di lei dicono che antepone le regole del M5S a quelle dello Stato. Come replica?
«Non esistono regole che sostituiscono le leggi. Esiste una spinta etica del Movimento per il rispetto della giustizia, della legalità e dunque delle leggi dello Stato».
Il regista Paolo Virzì, livornese come lei, l’ha criticata e ha parlato di una Livorno ferita profondamente e di una cura da trovare. Che cosa gli risponde?
«Lo inviterò a cena per mostrargli il percorso di buon governo di questa città. Vorrei raccontargli la verità, non perché mi sento ferito, ma perché le critiche sono gradite quando sono costruttive. Voglio capire meglio insieme a lui, che cos’era Livorno due anni fa prima dell’arrivo della giunta M5S e che cosa è adesso. Io sono convinto che stiamo risollevando la città dal baratro e dal fango di una gestione sconsiderata del Pd».