Libero, 14 maggio 2016
Il nuovo omaggio di Bob Dylan a Sinatra
«Mavis, mi vuoi sposare?» Chissà come sarebbe andata se, 50 anni fa, la giovane cantante gospel Mavis Staples, futura regina del soul al fianco di Aretha Franklin e Etta James, avesse detto sì al menestrello di Duluth. Invece, la fidanzata del giovane Bob declinò l’offerta. In fondo erano dei teenager inesperti, senza considerare le brillanti carriere che scorgevano all’orizzonte (e che forse un matrimonio avrebbe rallentato). Oggi Dylan e la signora Staples, fresca anche di pubblicazione di un nuovo album, Livin’ On High Note, si ritrovano sul palco (il cantautore ha voluto la lady del soul come apertura dei suo show) per affrontare l’imponente tour estivo che li porterà in giro per gli States. L’occasione è l’uscita, il prossimo 20 maggio per la Sony Music, del nuovo lavoro di Dylan, Fallen Angels, ideale seguito del precedente Shadows In The Night del 2015. Formula che funziona non si cambia: il folksinger del Minnesota, che in oltre 50 anni di carriera ha venduto più di 125 milioni di dischi, è tornato in studio con il produttore Jack Frost (lo stesso Dylan mascherato in uno dei suoi tanti pseudonimi) per registrare una collezione di brani pescati in quell’immenso songbook americano che è un patrimonio della cultura a stelle e strisce e dell’umanità tutta.
Si tratta di brani resi immortali da decine di interpretazioni di prima classe: Come Rain Or Come Shine (Ella Fitzgerald, Billie Holiday), Young At Heart (Bing Crosby, Tom Waits), All The Way (Neil Sedaka e la nostra Mina con il titolo Si, amor), composti da alcuni tra i più grandi autori di standard jazz, come Johnny Mercer e Sammy Cahn. Ma 11 canzoni su 12 (esclusa Skylark) hanno qualcosa in comune: sono state registrate (e spesso rese famose) da Frank Sinatra, così com’era successo nel precedente Shadows In The Night. Si può dire, dunque, che Mr Zimmerman stia proseguendo con il suo silenzioso omaggio (non si fa menzione di The Voice nei comunicati) al grande artista italo-americano, decidendo ancora una volta di recarsi nei mitici Capitol Studio, ad Hollywood, dove lo stesso Sinatra ha inciso alcuni dei suoi più grandi successi.
Forse il timbro ruvido, distaccato, talvolta «sgraziato» di Dylan non regge il confronto con la voce di velluto, piena e calda, che ha reso celebre Sinatra; ma è interessante ascoltare il vecchio folksinger che «soffiava nel vento» della controcultura e rotolava come un vagabondo per le strade dell’America, alle prese con un materiale così diverso (anche se di generi nella sua vita ne ha attraversati parecchi, spesso spiazzando i fan). Allora ci si lascia accarezzare da un po’ di malinconia (All The Way), o stregare da arrangiamenti sontuosi vecchia scuola (Maybe You’ll Be There), persino sfiorare da un romanticismo d’altri tempi sussurrato con un graffio in gola (It Had Be To You). Finito il tour americano a luglio, gli impegni per Dylan proseguono: il 7 ottobre dividerà il palco con i Rolling Stones per il Desert Trip, un festival che si terrà ad Indio, California, e che prevede anche The Who, Paul McCartney e Roger Waters; mentre, nei prossimi mesi dovrebbe essere pronto Time Out Of Mind, una nuova serie prodotta da Amazon ispirata ai personaggi tratteggiati dal cantautore nelle sue canzoni (il titolo stesso riprende il nome di un album del 1997). Un’operazione ambiziosa che si muove sulla scia del fortunato Mozart In The Jungle, prodotto dal colosso del web nel 2014. Con Fallen Angels Dylan firma il trentasettesimo album in studio ma, soprattutto, si conferma a 74 anni (75 fra dieci giorni) un autore e interprete ancora in grado di appassionare scrivendo ottimi brani (come nell’ispirato Tempest del 2012) o regalando versioni impeccabili e toccanti di successi altrui. Se poi il repertorio è quello di Ol’ Blue Eyes, allora è impossibile non fare centro.