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 2016  maggio 15 Domenica calendario

Le figlie dicono che Severino Antinori è pazzo e utilizzava tecniche vietate

Dal pronto soccorso del San Camillo, dove viene visitato in seguito a un piccolo malore, Severino Antinori risponde al cellulare. Non per rassicurare ma per difendersi: «Sono un perseguitato dagli anni Settanta. Era il 1975 e c’era Giulio Andreotti... Mi combattevano allora, come ora. Hanno anche tentato di diffamarmi ma non ho mai avuto paura e sono andato avanti con il mio lavoro. Sono come Enzo Tortora», dice torrenziale. 
In un mese il ginecologo più popolare e forse il più controverso d’Italia è stato raggiunto da due provvedimenti della magistratura. L’ultimo è quello del pm milanese Maura Ripamonti che lo accusa di sequestro di persona e lesioni: un espianto di ovociti con la forza nei confronti di una donna nella sua clinica Matris (l’associazione Donna aiuta Donna, che la assiste, sostiene che lavorasse lì «in nero»). Giorni fa, il tribunale di Roma, aveva disposto per lui il divieto di avvicinamento all’ex moglie e alle figlie. 
I due fatti sono, almeno in parte, in relazione. E non solo perché le figlie, Monica e Stella Antinori, hanno scelto la specializzazione del padre e condiviso successo e proventi (sulla divisione dei quali è in corso una causa civile), ma anche perché si sono trovate in contrasto su metodi e normativa. Il ginecologo però si sarebbe fatto una legge per sé, spingendo sulla ovodonazione che in Italia è sottoposta a vincoli rigidi: «Con mio padre ho interrotto i rapporti – spiega ora Monica Antinori – finché siamo stati insieme abbiamo sempre cercato di rispettare le normative pur riconoscendone i limiti». Limiti che suo padre avrebbe tentato di aggirare, accusa, «praticando al posto della fecondazione assistita, l’ovodonazione». Antinori avrebbe non solo importato gameti da Spagna o altri Paesi ma anche dato il via a un reclutamento intensivo di donatrici di ovuli a pagamento. 
Finora però, dicono le figlie, «non era stato talmente pazzo» da arrivare agli estremi contestati dalla Procura milanese. Un espianto con la violenza. Fatalità, gli Antinori sono ai ferri corti da un paio di anni, più o meno da quando la Cassazione s’era espressa contro la legge 40. E ora? «Siamo comprensibilmente dispiaciuti per lui – dice Monica – ma siamo anche angosciati da questioni personali che lo riguardano e che ci rendono angustiati e impotenti». Con l’ultimo investimento – la Matris, un ex centro per la chirurgia maxillofacciale riconvertito alla fecondazione assistita – Antinori avrebbe perso anche il buon senso. Anteponendo, dicono, il reclutamento di donatrici alle esigenze della professione.