La Gazzetta dello Sport, 15 maggio 2016
Polenta, soppressata e sogni da chef: da dove viene e dove vuole andare Gianluca Brambilla
Gianluca Brambilla sembrava uscito dal cartone che Leonardo dipinse sulla Battaglia di Anghiari. Era all’attacco mentre il Giro passava da Anghiari, dove, nel 1503, le truppe lombarde di Filippo Maria Visconti furono sgominate. Sembrava cercasse la rivincita. Quasi portasse sulla sella i quattromila Brambilla della Lombardia e anche tutti i Brambilla della storia del ciclismo: Cesare vincitore del secondo giro di Lombardia, Giuseppe, compagno di Ganna, espulso dal primo Giro per aver preso il treno a Napoli, Pierre, che portava la maglia gialla l’ultimo giorno del Tour 1947, poi spodestato da Robic. Invece Gianluca Brambilla non viene dal passato e pedala verso il futuro.
Come è nata quest’avventura?
«La fuga ce l’avevo nella testa. Nella prima discesa, sul bagnato, ho rischiato e mi sono trovato solo. Poi siamo andati via in 13. Trentin si è sacrificato per me. Sull’Alpe di Poti volevo entrare primo sullo sterrato. Raggiunti De Marchi e Montaguti, sono andato via solo. Ho continuato a spingere. In discesa volavo».
Pensava alla maglia rosa?
«Cercavo solo la vittoria di tappa. Quando ho saputo della maglia, mamma che emozione!».
Pierre Brambilla vestì la maglia gialla nel ‘47, ma mai un Brambilla ha indossato la maglia rosa.
«Erano altri Brambilla. Io sono Gianluca Brambilla e non c’ero nel ‘47. Sono un Brambilla nuovo. Guardo davanti a me».
Il segreto di questa prodezza?
«Sono ligio al lavoro. Ho fatto solo dieci giorni di vacanze. Mi sono allenato sempre».
Che ruolo ha nella Etixx di Kittel?
«Sin dalla partenza ero libero di cercare la vittoria di tappa. La rosa non cambia il mio ruolo».
Nella crono Barbaresco-Barolo 2014 si piazzò quinto. Pensa di poter difendere la rosa a Greve?
«Quella crono era un fac-simile di questa. Su e giù, tante curve. C’era tanta pioggia. Vediamo che condizioni trovo. Parto ultimo col vantaggio di conoscere i tempi degli altri. Pesando 58 chili, non posso essere un cronoman. Darò tutto. Se la perdo, non faccio drammi».
Chi può portarle via la maglia?
«Soprattutto Dumoulin».
La maglia rosa era legata a qualche persona in particolare?
«Era il mio sogno da sempre. Indossarla ora mi sembra irreale. Il mio mito era Pantani. Mi ha ispirato. Era unico».
Lei è della provincia di Lecco. Conosce I Promessi Sposi?
«Preferisco polenta e soppressa anche se il mio nome è lombardo: sono nato a Bellano, sul lago di Como, ma a due anni mi sono trasferito a Bassano».
Gli ultimi libri che ha letto?
«Uno sui bambini, l’altro di cucina. Mi piace cucinare. Faccio un buon risotto agli asparagi bianchi di Bassano. Nei dolci sono un fenomeno. Il mio pezzo forte? La crostata con marmellata di albicocche e mele. Potrei fare lo chef di una squadra».
Ha una massima a cui si ispira?
«Il lavoro paga».
Che le ha detto Cristina?
«Piangeva. La maglia è per lei. Il lupacchiotto Wolfie per Asia».