La Gazzetta dello Sport, 15 maggio 2016
La prima maglia rosa di Gianluca Brambilla, dove Benigni girò “La vita è bella”
Una giornata da sballo. Alle 16 e 50 di un sabato che non dimenticherà mai, Gianluca Brambilla si gode il boato di una Arezzo illuminata dal sole e gremita di gente fino a scoppiare. E scopre che qui, dove Roberto Benigni girò il suo capolavoro da Oscar, «La vita è bella» per davvero. Ma non chiamatela sorpresa, perché non lo è. Non lo è la prima grande vittoria della sua carriera da serio e generoso aiutante di capitani importanti. E non lo sono l’attacco della prima ora, l’assolo in salita, lo sterrato dell’Alpe di Poti spianato manco fosse una formalità. E poi la discesa a rotta di collo con i suoi bei rischi, gli ultimi chilometri a testa bassa per guadagnare più tempo possibile. Perché a quel punto l’occasione era ghiotta: non c’era solo la tappa da prendere, ma anche una casacca rosa agognata sin da piccolo. No, nessuna sorpresa da quello scricciolo in maglia Etixx-Quick Step, giocoforza scalatore, capace nell’ultimo anno di crescere tanto e affermarsi di suo, anche se questa è solo la terza vittoria dopo 7 anni tra i pro’. E capace ieri di far commuovere anche un diesse avvezzo ai trionfi come Davide Bramati. Tappa e maglia. Proprio nel giorno buio di Tom Dumoulin, costretto a riporre la speranza di allungare le ambizioni fino alle grandi montagne: altro che vederlo tre minuti davanti a tutti stasera dopo la crono del Chianti, verrebbe da dire che, dopo la faticaccia sullo sterrato aretino, l’olandese non è più nemmeno da considerare tra i favoriti per la vittoria di tappa.
CHE ASSOLO Spettacolo doveva essere e spettacolo è stato, nel giorno che vede Kittel e Viviani uscire di scena. E tutto proprio grazie a Brambilla, che annusava sin dal mattino l’aria dell’impresa, lui che due mesi fa, sugli sterrati più famosi del mondo, aveva infiammato il finale alle Strade Bianche prima di essere superato in tromba, giusto in vista del traguardo, da due «Tgv» di nome Cancellara e Stybar. Le polveri si accendono 20 chilometri dopo il via da Foligno, quando il Signor Brambilla esce dal gruppo e partorisce l’azione che decide la tappa, imitato da una dozzina di uomini, tra cui il suo compagno Trentin, Moser, Berlato, Montaguti e De Marchi, mentre la Movistar di Valverde si infila con Rojas e Sutterlin. La fuga va a tutta. Prima ora a quasi 49 di media, dopo due ore siamo a 47. E alla terza il vantaggio è di 5’10”. Il bello viene come da copione sulla salita dell’Alpe di Poti: 8600 metri, i primi 2150 su asfalto, i restanti 6500 su sterrato, con punte sino al 14% nel chilometro e mezzo iniziale. Grazie al cielo – è il caso di dirlo – il meteo non dà ascolto alle nefaste previsioni di piovaschi e risparmia il fango ai corridori, oltre ai rischi lungo la difficile discesa sulla Foce dello Scopetone. Brambilla comunque è in giornata di grazia e non teme nulla. E bastano le prime decine di metri fuoristrada, dopo il lavoro di un super Trentin, per metterlo in rampa di lancio: non lo riprenderanno più.
DERIVA Ma c’è un’altra corsa nella corsa, quella dei big. Che si accende già sulle prime pendenze, quando Valverde apre il gas e mette subito in crisi Dumoulin, mentre Nibali si incolla al murciano e gli lascia l’iniziativa, per non rischiare di rimbalzare all’indietro come a Roccaraso. Fatica in principio anche Landa, che però rientra a metà salita, quando si compatta il gruppetto degli undici migliori, orfano solo della maglia rosa, sempre più alla deriva. Una cosa per volta: l’obiettivo di giornata, per Valverde, è solo quello di fare fuori l’olandese. E la mossa va a buon fine. Poco cambia, infatti, negli 8 chilometri di discesa e poi sullo strappo finale verso il cuore di Arezzo. Brambilla vince con 1’06” di distacco su Montaguti e 1’27” su Moser: va in rosa con 23” sul russo Zakarin. Valverde mette in fila i big dopo 1’41”, con Nibali a 3”: ora in classifica tra i due ci sono 9 secondi. All’arrivo Dumoulin paga 1’10” rispetto allo spagnolo e in classifica gli scivola 29” più sotto: non è un abisso, certo, ma basta per cambiare prospettive, aver meno paura del «tulipano«e affrontare la temuta cronometro del Chianti di oggi – 40,5 chilometri da Radda a Greve – con un altro stato d’animo. È un Giro apertissimo.