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 2016  maggio 14 Sabato calendario

L’inflazione è rimasta la stessa, è l’economia mondiale che è cambiata

Si dice di Albert Einstein che un giorno diede a una classe le stesse domande d’esame che aveva dato non molto tempo prima. Allarmato, un assistente lo avvertì, ma Einstein sorrise e disse: non c’è da preoccuparsi, le risposte sono cambiate. 
Lo stesso è successo per l’inflazione. Il primo presidente della Bce, Wim Duisenberg, disse, nel 2003, che si ricordava di un paio di casi in cui l’inflazione andò al -0,5%, e «io dichiarai pubblicamente che vivevo in un paradiso del banchiere centrale». Ma oggi le risposte sono cambiate: per il banchiere centrale quel tasso di inflazione è quanto meno un purgatorio. Il paradiso sta in un tasso vicino al 2%: come la minestra di Riccioli d’oro, l’inflazione non dev’essere né troppo calda né troppo fredda. Ahimé, siamo lontani, anche a guardare solo all’inflazione di base (senza energia e alimenti). 
Fortunatamente, sul fronte reale qualcosa si muove. Il Pil italiano, pur se continua, come da desolato copione, a crescere meno di quello dell’Eurozona, dà segnali positivi. E quel poco di crescita che si riesce a spremere viene più dalla domanda interna che dall’export. L’indice di fiducia delle famiglie è vicino ai massimi degli ultimi trent’anni e l’ottimo andamento degli acquisti di auto – un impegno finanziario che si affronta solo quando si ha fede nel futuro – è un segnale positivo. Si può contare sulla politica monetaria che, checché ne dicano gli angosciati teutoni, continuerà a sostenere l’economia con strumenti vecchi e nuovi. E si può contare, per la prima volta da anni, anche sulla politica di bilancio: gli arcigni sorveglianti della probità delle finanze pubbliche predicano male ma razzolano bene se è vero, come è vero, che quest’anno il saldo strutturale contribuisce alla domanda, nell’Eurozona, e specialmente in Germania e in Italia. 
Il fatto che la politica di bilancio non tenga più tirato il freno a mano – non c’è da sperare in un “New Deal” di investimenti pubblici, ma almeno sembrano archiviati i deliri algebrici degli ultimi anni – non vuol dire che la strada sia sgombra di ostacoli. Ci sono rischi e c’è incertezza, che è diversa dal rischio: un giocatore di poker può calcolare le chance se ha una coppia di re, ma quando si tratta dell’economia, gli esiti potenziali sono smisurati. Ci sono troppi jolly nel mazzo.