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 2016  maggio 14 Sabato calendario

È ora definitiva la condanna per i dirigenti della ThyssenKrupp

Ci sono voluti cinque gradi di giudizio per affermare le responsabilità sulla strage della ThyssenKrupp, sette operai morti per le ustioni di un impressionante incendio avvenuto alla linea 5 dell’acciaieria di Torino la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007. I giudici della quarta sezione penale della Cassazione, presieduti da Fausto Izzo, hanno respinto i ricorsi dei sei imputati e confermato le condanne inflitte dalla corte d’appello di Torino. All’amministratore delegato Harald Espenhahn la pena più grave, 9 anni e 8 mesi di reclusione. A Marco Pucci (che dopo la sentenza si è sospeso da manager dell’Ilva) e al tedesco Gerald Priegnitz 6 anni e 3 mesi, a Daniele Moroni, unico presente in aula, 7 anni e mezzo, al direttore dello stabilimento Raffaele Salerno 7 anni e 2 mesi e 6 anni e 8 mesi a Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza.
Un processo sofferto fino alla fine. Anche quest’ultima udienza, che nelle previsioni sembrava quasi un passaggio burocratico verso le condanne, in realtà ha fatto tremare i familiari delle sette vittime. È stato quando il sostituto procuratore generale Paola Filippi si è accodata alle richieste degli avvocati difensori, sollecitando i giudici perché rinviassero ancora una volta il processo alla corte d’appello, ancora una volta per limare verso il basso le pene.
Il suo intervento ha scatenato la bagarre in aula. «Sono la mamma di Antonio Schiavone. Mio figlio è bruciato vivo. Spero che bruci anche la sua famiglia», è stato lo sfogo indirizzato all’unico imputato presente in aula. I familiari sono usciti in segno di protesta, fra pianti e scene di rabbia, urlando «Venduti» e «Vergogna».
Alla sospensione dell’udienza anche tra politici e sindacalisti è scoppiato lo sdegno per una richiesta considerata inaccettabile dopo gli oltre otto anni di un processo che, nel 2008, prometteva di segnare la svolta per le «morti bianche» sul lavoro. In primo grado, infatti, il pm Raffaele Guariniello aveva ottenuto una condanna esemplare per omicidio volontario. Ma era stata derubricata in appello. E ancora ridimensionata durante il primo ricorso in Cassazione, quando le sezioni unite avevano rinviato tutto nuovamente in appello chiedendo pene meno severe, che infine ieri sono state rese definitive.
Un sollievo per le famiglie, per quanto doloroso. «Siamo felici che giustizia sia stata fatta – afferma Grazia Cascino, la madre di Rosario Rodinò – Ma i condannati a vita restiamo noi, loro tra qualche anno usciranno di galera e si godranno figli e nipoti».Per i quattro imputati italiani ora non resta che il carcere. Senza attendere un mandato di cattura ufficiale, attraverso i legali hanno preso contatti per consegnarsi spontaneamente. Per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, invece, è pronto un mandato di cattura europeo che dà il via a un iter giudiziario a cavallo tra i due Paesi per l’esecuzione della pena.