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 2016  maggio 14 Sabato calendario

Il Tar conferma l’esclusione di Fassina

È stato uno dei primi a scendere in campo per il Campidoglio, addirittura a fine novembre 2015. Una corsa lunghissima interrotta ancora prima delle urne. Stefano Fassina, il candidato di Sel e Sinistra Italiana, è fuori dalla Comunali di Roma. Dopo la bocciatura della commissione elettorale che ha evidenziato irregolarità nella raccolta delle firme allegate alle sue liste, ora arriva anche lo stop del Tar.
Il verdetto del primo grado della giustizia amministrativa esclude così l’ex viceministro dalla corsa a sindaco della capitale. Ora l’ultima spiaggia è il Consiglio di Stato al quale Fassina ha già annunciato di voler ricorrere. La sentenza dovrebbe arrivare a metà della prossima settimana ma le speranze sono poche. E questo nonostante il (quasi ex) candidato abbia spiegato che «non ci fermiamo qui. Siamo convinti delle nostre ragioni».A mancare, però, sulle liste presentate da Fassina, sia per il Comune sia per i Municipi, era la data di autenticazione. Un’omissione grave che, scrive la Sezione II bis del Tar, «comporta la nullità insanabile dell’atto di presentazione delle liste». Per i giudici amministrativi, dunque, «le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste devono essere autenticate nel rispetto di tutte le formalità». Chi ha proceduto a quest’operazione(la vicepresidente di un Municipio) ha dimenticato, insomma, di inserire la data che, secondo la legge, non può essere antecedente i 180 giorni dalla data di convocazione delle elezioni. E a nulla sono valse le giustificazioni degli avvocati di Fassina secondo cui la donna è entrata in carica il 29 dicembre 2015, entro dunque i termini di legge.
Bocciato anche il ricorso presentato per i Municipi: in quel caso le firme sono state raccolte su moduli vecchi, che non tenevano conto delle nuove norme sulla legge Severino. Il pasticcio (in tanti hanno parlato di «dilettantismo») ha spaccato un’area che, a fatica, si era riunita sotto la candidatura dell’ex esponente Pd e che, secondo i sondaggi, era stimata tra il 5 e il 6%. Un “tesoro” che proveranno a conquistare sia Roberto Giachetti, Pd, sia Virginia Raggi, M5S. Per ora prevale il fair play. Il candidato del centrosinistra si dice «dispiaciuto». E ribadisce un «appello al dialogo e al confronto a tutte le donne e gli uomini di sinistra, agli amministratori, ai militanti e ai dirigenti. Lavoriamo insieme».
Intanto, a poco più di 20 giorni dalle urne, il ministro dell’Interno Angelino Alfano apre alla possibilità di votare anche lunedì 6 giugno e lunedì 20 giugno per i ballottaggi. «Lo proporrò al governo, spero dica sì». E se l’idea piace a tanti che temevano un aumento dell’astensionismo, causa ponte del 2 giugno, il candidato del Pd a Milano Beppe Sala, la boccia: «Non penso sia una buona idea. Dobbiamo lavorare per ridurre un po’ i costi».