Corriere della Sera, 14 maggio 2016
Gli antichi sono dentro di noi e tra noi. Elogio delle Olimpiadi delle lingue classiche
I giovani di oggi davanti a un testo dell’eterno latino. Sembra un’operazione passatista se non addirittura revanchista. Eppure i liceali si sfidano ogni anno nelle Olimpiadi delle lingue classiche.
L’occasione delle Olimpiadi delle lingue classiche, una scadenza ormai annuale, mobilita un notevole numero di studenti liceali (classico e scientifico) di tutta Italia, i quali si cimentano in prove scritte sia di traduzione dalle lingue antiche sia di composizione storico-antiquaria. Si svolgono selezioni locali attraverso vari strumenti, compresi i famosi «certamina», da un capo all’altro della Penisola. A prima vista potrebbe apparire un’operazione passatista se non addirittura revanchista. È vero il contrario, posso dire per esperienza diretta e non effimera che lo spirito fresco e curioso e innovativo dei giovanissimi che affrontano la prova costituisce un positivo fenomeno culturale in cui l’incontro con gli antichi diventa un aspetto della crescita generazionale. Ci si chiede spesso se i giovanissimi dei nostri licei siano incolti, refrattari allo studio delle lingue antiche o addirittura ostili. È inutile generalizzare in un senso o nell’altro. Il fenomeno concreto è che tantissimi si lanciano in questo tipo di prova dimostrando di avere una base culturale di partenza che rende la prova stessa tutt’altro che un tormento. Ci si chiede anche quanto diversi siano i giovanissimi di oggi dai giovanissimi di 30 o 50 anni fa. Per fortuna sono diversi: la tautologia è mortifera. Da sempre i moderni sono diventati tali interrogando, confutando, amando i grandi testi superstiti della civiltà classica. Gli antichi sono dentro di noi e tra noi e ci autano a prendere coscienza della distanza che ci separa e al tempo stesso dell’attualità delle loro domande irrisolte. Tutto questo mi è accaduto di pensare partecipando qui a Torino alla fase conclusiva delle Olimpiadi delle lingue classiche.