Corriere della Sera, 13 maggio 2016
Anche il figlio di Alesi vuole correre. Debutta al Montmelò nel campionato GP3
Il talento e la voglia di correre li ha presi dal suo amatissimo papà, Jean. Dalla mamma, Kumiko, ha ereditato una grazia nei tratti, solo vagamente orientale, abbinata ad una tenera riservatezza. Giuliano Alesi ha 16 anni (Avignone, 20 settembre 1999). Debutta al Montmelò nel campionato GP3: monoposto da 400 cavalli, gare toste per ragazzi dalle grandi ambizioni e, spesso, dal curriculum più corposo del suo. In compenso, Giuliano, dopo i kart con il suo amico Mick Schumacher – accudito con autentico affetto dall’intera famiglia Alesi nei mesi successivi all’incidente che fermò Michael – dopo una stagione nella formativa F4 francese (tre vittorie, secondo posto finale), ragiona e riflette, mostra una maturità inattesa, in contrasto con il suo volto da ragazzino, con il leggendario temperamento focoso del babbo: «Voglio imparare, fissare progressivamente punti di arrivo diversi e raggiungerli. Credo sia importante che pensi al presente. Il mio sogno è grande ma ancora lontano».
Jean (202 Gran Premi, cinque anni in Ferrari, una vittoria, quattro figli) accompagna, sorveglia e consiglia, con un entusiasmo commovente e qualche colpo di freno provvidenziale: «Cerco di non sembrare assillante. Rispondo alle sue domande, certo, ma evito ogni invadenza. E so che per capire e fare meglio, serve esperienza». Fiero, ovviamente, di vedere Giuliano in divisa rossa, la divisa della Ferrari Drivers Academy, che l’ha accolto per questa avventura, insieme al team Trident, forte e italiano.
Il tutor dei giovani piloti in orbita Ferrari è Massimo Rivola, a lungo direttore sportivo del Cavallino: «Giuliano deve guidare, fare chilometri, perché è alle prese con un cambiamento molto rilevante. Abbiamo deciso di metterlo al fianco di Antonio Fuoco, più esperto, destinato a lottare per il titolo, ben disposto a fare crescere il suo compagno di squadra. Comunque, in questi mesi, ho capito di che pasta è fatto il giovane Alesi. Quando c’è da faticare, da soffrire, negli allenamenti, nei test atletici, tiene duro, porta a termine per primo, mostra una determinazione magnifica. Sembra timido, persino fragile e invece persegue ogni obiettivo con una tenacia tipicamente giapponese».
Merito della mamma, di nuovo. Giuliano sorride: «Se mi vede correre, si preoccupa. Quando è lontana va meglio, si sente più tranquilla. Per il lavoro in pista va bene papà, mi aiuta quando rischio di far casino e abbiamo la stessa passione. Voglio correre e questa opportunità è un piacere, un privilegio». Preoccupazioni? Emozioni fuori controllo? «Quelle no, cerco sempre di restare concentrato nei momenti di tensione e mi sembra di andar bene lì. Piuttosto, devo migliorare a capire e poi sfruttare le gomme in ogni momento. Ecco, su questo devo proprio fare meglio, in fretta».
I box della F1 sono a due passi. È vicina, sin troppo ricorrente, l’immagine di Max Verstappen che nel 2015 ha debuttato ad anni 17 nei Gran Premi, immettendo una frenesia supplementare nel destino di ogni giovanissimo da corsa, con o senza un cognome da corsa. Alesi senior non ci casca: «Sono stato pilota, ma sono realista, ho visto gli errori commessi da chi si trova nelle mie stesse condizioni. Ciascun giovane, ciascun figlio, va accolto. Perché cresce per il suo verso e non per il tuo».
Lo dice e intanto si commuove mentre osserva il casco del suo ragazzo. Riproduce gli stessi fregi rossi e neri di papà. «Quel pilota che partì in pole position a Monza nel 1994, quando io ero lassù, non ero ancora nato».