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 2016  maggio 13 Venerdì calendario

La guerra degli occupati contro gli occupanti

Giorni or sono, parlando di via Rasella, lei non ha trattato i motivi per cui i comunisti la organizzarono. A me risulta (amici venuti da Roma nel ‘44, e anni di letture) che a Roma tra nazifascisti e cittadini si era creato una sorta di convivenza, la città era tranquilla e i capi antifascisti erano al sicuro, ben nascosti. Ciò al Pci non andava bene: esso voleva feroci repressioni fasciste, tali da creare odio, favorendo (a fine guerra), con la Resistenza rossa, la nascita di uno Stato comunista. Le risulta?

Caro Burla
La guerra degli occupati contro gli occupanti obbedisce a regole e criteri alquanto diversi da quelli di una guerra convenzionale. Gli occupanti pronti a combattere, anzitutto, sono sempre una modesta minoranza. Non possono reclutare e organizzarsi alla luce del sole. Devono agire nell’ombra con grande cautela. Ma devono anche dare prove della loro esistenza, dimostrare che sono in grado di colpire duramente l’occupante. Ogni attentato messo a segno è un bando di reclutamento, una chiamata alle armi. Ma il successo occasionale non basta. Per vincere occorre trasformare l’indolenza passiva di una larga parte della società in rabbia e odio. Le rappresaglie, in questa prospettiva, non sono soltanto la inevitabile conseguenza di una operazione riuscita. Sono anche il fattore che maggiormente contribuisce ad allargare l’area di quanti sono disposti a rischiare la loro vita per cacciare l’occupante.
Gli occupanti naturalmente ne sono consapevoli e sanno che ogni rappresaglia potrebbe giovare agli occupati. Ma hanno altre esigenze a cui non possono voltare le spalle. Non devono permettere che i loro soldati, continuamente esposti al rischio degli attentati, si sentano abbandonati e traditi. Anche se rischia di giovare al nemico, la rappresaglia risponde alla necessità di impedire la demoralizzazione delle proprie truppe. Le consiglio, caro Burla, la lettura del libro di un grande scrittore, Ernst Jünger, che fu assegnato al comando tedesco in Francia durante la Seconda guerra mondiale. Si intitola Sulla questione degli ostaggi 1941-1942, è stato pubblicato da Guanda nel 2012, e racconta il difficile dibattito nella Wehrmacht quando fu deciso di replicare con la fucilazione di ostaggi ai frequenti attentati della resistenza francese contro ufficiali tedeschi.
Per chi conosce e accetta questa logica, l’unica obiezione possibile all’attentato di via Rasella concerne la sua utilità. Era necessario, nel marzo del 1944, tre mesi prima dell’ingresso degli Alleati a Roma, provocare deliberatamente una sanguinosa rappresaglia tedesca? Sotto il profilo strettamente umanitario la risposta è probabilmente no. Ma le guerre si fanno per vincerle e il partito comunista voleva costruire sulla partecipazione alla Resistenza il suo futuro politico in Italia.