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 2016  maggio 13 Venerdì calendario

Schaeuble tratta l’Inghilterra come la Grecia

Wolfgang Schaeuble non guarda in faccia nessuno. Se osano sgarrare, per lui Regno Unito e Grecia pari sono. E li prende entrambi a ceffoni. Così ieri il ministro delle Finanze tedesco ha messo in guardia i britannici: nessuno speri di usare la Brexit per rinegoziare nuovi patti con la Ue. «Il sì sarà un sì e il no un no», ha dichiarato, spiegando che «un voto per l’uscita non potrà essere utilizzato come leva per trovare un accordo migliore».
Schaeuble ha sostenuto che preferirebbe la permanenza del Regno Unito nella Ue, sottolineando però che la decisione spetta alla popolazione. Ieri il tema Brexit è stato affrontato anche dalla Banca d’Inghilterra (BoE), che ha deciso all’unanimità di lasciare i tassi d’interesse invariati allo 0,50% così come il piano di acquisti di asset a 375 miliardi di sterline l’anno. Secondo il governatore Mark Carney, un voto a favore della Brexit potrebbe provocare una «recessione tecnica», ovvero almeno due trimestri di contrazione del pil del Regno Unito. Carney ha quindi avvertito che la BoE «non potrà compensare immediatamente tutti gli effetti di un shock» derivante dall’uscita del Paese dalla Ue. Nel comunicato della BoE è scritto che «la crescita economica ha rallentato nel primo trimestre e ci attendiamo un’ulteriore decelerazione nel secondo trimestre».
Inoltre, «ci sono crescenti segnali che mostrano come l’incertezza associata al referendum sulla Ue cominci a pesare sull’attività economica». Secondo Chris Iggo, capo degli investimenti nel reddito fisso di Axa  Investment Managers, «molti stanno pensando a come coprire il rischio di una possibile Brexit ma credo che si perda di vista il vero problema: un voto favorevole all’uscita dalla Ue provocherebbe un impatto globale sui mercati finanziari». Non a caso «persino qualche funzionario della Federal Reserve ha dichiarato che nella decisione di alzare o meno i tassi di interesse bisogna considerare che l’incontro della Banca centrale americana avverrà il 15 giugno, a ridosso del referendum sulla Brexit». In quanto alla sterlina, che dallo scorso novembre ha perso il 12%, Davide Marone, analista valutario presso Fxcm, ha osservato che «i rischi naturalmente rimangono orientati al ribasso: l’avvicinarsi della data fatidica porterà all’acutizzarsi dello scontro politico-mediatico, con la prospettiva di forte volatilità da riflettersi sui mercati».