ItaliaOggi, 13 maggio 2016
Tutti pazzi per i videogiochi polacchi
«Penso che, in termini di qualità, siamo ormai sul podio, dietro Stati Uniti e Canada».
Fino a pochi anni fa l’affermazione di Tadeusz Zielinski, responsabile marketing dello studio Flying Wild Hog di Varsavia, avrebbe fatto sorridere.
Oggi non più. La Polonia è ormai entrata a pieno titolo nell’Olimpo dei produttori mondiali di videogiochi.
La conferma arriva da The Witcher 3, un gioco di ruolo ambientato in un mondo medievale intriso di cultura slava.
Ebbene, esso vanta oltre 10 milioni di copie vendute nel mondo e più di 200 riconoscimenti, tra cui 35 premi come miglior gioco del 2015, attribuiti fra gli altri dal quotidiano britannico The Guardian, dal festival South by Southwest o dai Game Awards Usa.
Un’altra produzione locale, Dying Light, conta una cinquantina di premi e ha totalizzato più di 5 milioni di esemplari distribuiti in dieci mesi.
Secondo un rapporto del 2015, circa 150 studi di videogame sarebbero attivi attualmente in Polonia. Di questi, ben il 93% ha manifestato la volontà di assumere personale entro sei mesi.
«Penso che continueremo a crescere in tutti i settori, nelle superproduzioni, nei giochi indipendenti, nel mobile», scommette Tymon Smektala, produttore presso Techland (la società dietro il successo di Dying Light).
Ma come ha fatto un paese ex comunista, in cui le console sono state oggetti sconosciuti per decenni, la PlayStation1 costava l’equivalente di un mese di un salario medio e la cui prima produzione destinata all’export data soltanto 2003, come ha fatto in un decennio a diventare un protagonista mondiale del settore?
«Noi che abbiamo vissuto l’arrivo del capitalismo avevamo una sola ossessione: recuperare il tempo perduto e dimostrare che potevamo essere all’altezza dell’Occidente», spiega Marcin Iwinski, cofondatore di Cd Projekt Red.
A poco a poco le produzioni polacche si sono fatte conoscere all’estero. Ma è con The Witcher che avviene il salto di qualità. Nata nel 2007 per pc, la serie è l’adattamento di una saga letteraria di Andrzej Sapkowski, soprannominato il Tolkien polacco. In soli otto anni The Witcher è diventato un fenomeno commerciale in tutto l’Occidente, dove la cultura slava appare come un fatto totalmente nuovo. Le atmosfere sono cupe, malinconiche e spesso tormentate. Una conseguenza della cultura scolastica: in Polonia al liceo metà dei corsi verte sulla Shoah, l’altra metà su guerre e insurrezioni popolari schiacciate nel sangue...
Uno degli atout della produzione polacca è la competitività: costi decisamente più bassi rispetto ai concorrenti americani si sono tradotti in maggiori guadagni, subito reinvestiti nella produzione.
L’altro atout è l’indipendenza tecnologica, resa possibile da un insegnamento scientifico storicamente di qualità: ogni volta che ha luogo un concorso di programmazione un team polacco si piazza tra i migliori.