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 2016  maggio 13 Venerdì calendario

Il grande business dei capelli e delle parrucche

Per secoli è stata consolazione dei calvi, vezzo di mondane signore, complice del travestitismo, simbolo della nobiltà, elemento fondamentale del trucco dei teatranti. Sinonimo al tempo stesso di vanità e goffaggine, di conservazione e trasgressione, di malattia ed esuberanza estetica, la parrucca – insieme a parrucchini e finti toupet – è stata una protagonista imbarazzata del Novecento. Usata per nascondere i segni dell’invecchiamento e la caduta dei capelli provocata dalla chemioterapia.
Nell’antichità veniva indossata con maggiore disinvoltura, la usavano Egizi, Assiri, Greci, Fenici e Romani. Nell’antica Roma erano molto richieste le finte chiome bionde. Portavano la parrucca Annibale per coprire la calvizie (secondo Tito Livio), Cleopatra per accrescere il suo fascino e l’imperatore Caligola per frequentare i bordelli in incognito (lo narra Svetonio). Il declino della finta zazzera coincise con quello dell’Impero Romano: i camuffamenti estetici non erano ammessi dalla sobrietà morale dei primi cristiani ed erano superflui per gli irsuti e ruvidi barbari.

La storia

Restò un tabù per dodici secoli. Tornò in auge solo nel 1630 quando la indossò il re di Francia Luigi XIII per coprire le calvizie. La parola parrucca deriva infatti dal termine francese «perruque». Nel Seicento da Parigi il suo uso si estese a gran parte delle corti europee. Portata dagli uomini in lunghe capigliature cotonate e incipriate, divenne uno status symbol per gli aristocratici: sinonimo di prestigio, ricchezza e potere. Nacquero la figura dei parruccai e le loro corporazioni. Le chiome artificiali erano in gran parte realizzate con crine di cavallo, capra o yak. Erano rari e preziosissimi i copricapo fabbricati con capelli umani. Carlo II la introdusse nel 1660 in Inghilterra, dove è ancora usata alla Camera dei Lord e dai giudici nei tribunali. A Parigi la stagione delle parrucche incipriate finì invece durante la Rivoluzione Francese sotto le ghigliottine dei giacobini.
Nel Novecento l’uso della parrucca si è esteso ai comuni mortali e non solo per coprire le calvizie. Sono state confezionate decine di milioni di chiome artificiali soprattutto per appagare la vanità femminile. Negli Anni Sessanta con il trionfo della cultura pop c’è stato il boom delle parrucche sintetiche e molto economiche che hanno permesso di essere brune al mattino e bionde la sera, di avere capelli corti durante la settimana e lunghi nei weekend. E sono proliferate le extension per migliorare e rendere più folta la chioma. Volani di vanità alimentati dal mondo dello spettacolo.
È infinità la lista di volti noti dello star system che usano copricapo artificiali. L’attrice e cantante americana Beyoncé ha speso oltre 2 milioni di dollari in costosissime finte chiome. Jennifer Lopez ha un’intera privatissima stanza votata alle parrucche dove non lascia entrare nemmeno il consorte. Naomi Campbell indossa sempre zazzere finte perché ha una capigliatura molto rada. Belén Rodriguez sul set del film Se sei così ti dico sì ha portato la parrucca corta per non rinunciare alla sua folta chioma. Nancy Brilli ha dichiarato al suo pubblico di utilizzare la parrucca a causa di un trauma infantile dovuto a una rasatura del cranio impostale dalla nonna. Paris Hilton e Victoria Beckham non fanno mistero di usare le extension per rendere più folta la criniera.
L’industria
Finita l’epoca pop, oggi la quasi totalità dei posticci è fabbricata con capelli umani. Ma da dove viene il materiale? Due terzi dei capelli usati per imbastire tutte le parrucche del globo arrivano dal Sud dell’India. Da Tirumala, una città tempio dell’Andhra Pradesh votata a un avatar di Vishnu, dove da duemila anni i pellegrini (20 milioni l’anno) offrono le loro chiome alla divinità. Mille barbieri rasano fino a 72.000 teste al giorno di uomini, donne e bambini. Quando le ciocche, stipate in magazzini, raggiungono le 45 tonnellate viene indetta un’asta pubblica. In India il business sfiora i 100 milioni di euro l’anno. Ma l’affare maggiore lo fa la Cina che importa dal Subcontinente le zazzere e le trasforma in parrucche esportate in tutto il mondo. Bizzarro perché in Oriente, nell’antichità come oggi, non si sono mai usate le parrucche.