La Stampa, 13 maggio 2016
Come reagirà Putin allo scudo antimissile della Nato in Romania?
Da qualche mese Mosca sembrava aver smorzato i toni nei confronti della Nato, addirittura riaprendo un cauto dialogo. Ma il taglio del nastro che si è tenuto ieri a Deveselu, nel Sud della Romania, minaccia di riaccendere la polemica. Gli Stati Uniti hanno infatti dichiarato operativo il sito di del sistema Aegis, che nel 2018 dovrebbe coprire tutta l’Europa con uno «scudo» di radar e postazioni di lancio per intercettare eventuali attacchi missilistici. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha ripetuto ieri che il sistema non è puntato contro la Russia. Ma il Cremlino non ci crede: «Fin dall’inizio ci avevano detto che lo scudo era per proteggersi dai razzi iraniani, ma ora che la situazione con l’Iran è drasticamente cambiata, contro chi è diretto?», si è chiesto il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov. E Il capo del comitato Difesa della Duma, Vladimir Komoyedov ha fornito la risposta: «gli americani sono sulla linea del fuoco, questa base punta a noi non al 100, ma al 200, 300, 1000%».
Uno scambio di accuse che prosegue, ormai in una stanca routine, da quando l’amministrazione di George W. Bush decise di stracciare il trattato Abm che limitava le difese antimissile delle due potenze, rendendole così entrambe vulnerabili alla «mutua distruzione assicurata». Una pietra portante della guerra fredda, che per gli americani non era più tale alla luce delle nuove minacce dell’«asse del male», e che dava la possibilità di coinvolgere (e finanziare) i nuovi membri della Nato: oggi un’altra cerimonia inaugurerà il cantiere della seconda base, a Redzikowo in Polonia. Bucarest e Varsavia hanno caldeggiato il progetto, soprattutto dopo l’annessione della Crimea. Perché è vero che la base in Romania è troppo piccola per fermare un attacco finale russo con centinaia di testate atomiche, ma è vero anche che i satelliti ex sovietici hanno bussato alle porte della Nato per avere garanzie contro le tentazioni neoimperiali russe. E così la profezia si autoinvera: i russi considerano lo scudo antimissile una minaccia, promettono una «reazione adeguata per incrementare la sicurezza» – che potrebbe essere, per esempio, la dislocazione di armi nucleari nell’enclave di Kaliningrad, tanto temuta dalla vicina Polonia – che non farebbe che confermare alla Nato che Mosca è un pericolo dal quale proteggersi e armarsi.