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 2016  maggio 13 Venerdì calendario

Tania Cagnotto non vuole che suo figlio si tuffi

Un Cagnotto di terza generazione? A questo Tania non pensa proprio: e non solo perché ha nella mente Rio, ma perché l’idea di un figlio tuffatore non l’affascina: «Non vorrei perché è uno sport difficile, che richiede tanti sacrifici. E poi in Italia ci sarebbero molte cose da cambiare: più piscine, una rivoluzione culturale che metta insieme la scuola, l’università e lo sport». Un po’ come papà Giorgio, che se l’avesse vista non contenta e non brava le avrebbe detto “figlia mia, cambia sport”: per fortuna non la vide così, e tacque.
Beh però a lei non è andata poi così male: «Sinceramente no; magari una medaglia olimpica, però, forse, doveva andare tutto così». Bene, si direbbe: già qui a Londra europea con un oro e un argento, da sola il primo, con Maicol Verzotto il secondo. Di tante vittorie continentali quale la più bella? «Lo dirò quando Londra sarà finita: restano ancora gare; è cominciata bene».
LA DELUSIONE
Londra: come non ricordare la delusione del 2012? «Non entravo più nella camera di chiamata da allora, e l’altra sera mi sono tornate in mente tante cose. E poi, se anche riuscissi a dimenticare, ci sarebbero sempre le domande che mi ci fanno ritornare». Magari un altro spettro si è presentato con quel tuffo sbagliato... «È sempre così: vorrei tanto fare una gara tranquilla, ma pure quando lo sembra riesco a complicarmela; vorrei almeno una volta non arrivare all’ultimo tuffo con il quale devo recuperare; non mi è successo mai...». Forse è il suo segreto: avere un po’ di disperazione o quasi, chiudersi in se stessa e ritrovarsi. «Forse, ma di certo non mi fa bene al cuore...».
A proposito di cuore, a parte fidanzato e matrimonio di settembre, qual è il suo tuffo più amato? «Da un metro l’uno e mezzo rovesciato, da tre metri il doppio e mezzo». E c’è una miglior sincronia con la Dallapè o con Verzotto? «Con Francesca ci tuffiamo insieme dal 2009; con Maicol, invece, lo facciamo da poco: la diffrenza fondamentale è che lui è un piattaformista e un uomo; e c’è, in più, che la nostra gara possiamo prenderla con maggior leggerezza, divertimento, con una minor pressione; quel che viene viene, pur cercando di farla benissimo». È un “fàmolo strano” in salsa tuffatoria.
LA LEGGEREZZA
La leggerezza sembra da qualche tempo la nuova cifra di Tania Cagnotto: «Effettivamente sì: vorrei arrivare così fino ad agosto». Del resto quando il clima si fa pesante lei si autoesclude dal mondo: «In gara mi piace star da sola; ho i miei rituali che non sono scaramanzie ma ritmi, esercizi, eccetera; quando metto la testa sotto l’asciugamano è per semplificare la visualizzazione del tuffo che sto per fare».
Cosa invidia ai cinesi? «La costanza; la costanza che hanno nella perfezione dopo ore e ore di allenamento». Tom Daley ha detto: questo è l’anno di Tania. «Spero abbia ragione» sorride, senza gesti scaramantici. Magari trovare delle incostanti cinesi a Rio... «Non sono loro il mio problema; non le considero più come avversarie; la canadese, l’australiana, queste sì; però, se succede...». Sarebbe un bel saluto. «Ultimi Europei questi, ultima Olimpiade quella». E poi? «Magari una bella gara d’addio». Mondiale? «Magari a casa mia, a Bolzano». Sarebbe stato bello portare il tricolore a Rio... «Essere stata candidata già mi ha riempito d’orgoglio; ma è giusto così: Federica Pellegrini ha vinto l’oro olimpico». Il futuro dei tuffi? La Bertocchi? Tocci? «Bravissimi; sono felice per loro; Elena ci tenevo molto che andasse bene, e Tocci è una persona speciale: ha la testa giusta, la passione giusta, la famiglia giusta, un’allenatrice super». Tania sarà un’allenatrice, pur se non del Cagnotto di terza generazione? «Restare nello sport mi piacerebbe: allenatrice, dirigente, commentatrice. Aspetterò idee e proposte». Per ora guarda dal trampolino.