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 2016  maggio 12 Giovedì calendario

Perché lo spread è tornato a salire, spiegato bene

Sulla parte breve della curva dei rendimenti, Tesoro e banche hanno vita facile: lo Stato vende Bot a tassi negativi. Le banche ieri hanno messo in tasca 24 punti: finanziate in “repo” a -0,38%, investito a -0,14%. Sulla parte lunga della curva, lo spread Btp e Bund, la vita è invece più dura per tutti.
Lo spread tra il rendimento del Btp e del Bund decennale è noto come indicatore supremo dell’andamento del nostro rischio-Paese: quando si allarga le cose in Italia vanno male, quando si stringe il mercato ci premia. Tuttavia su questo gap influiscono e concorrono tanto i fondamentali (per esempio il Pil) quanto i fattori tecnici (per esempio l’incontro tra domanda e offerta).
Ieri lo spread ha chiuso a quota 134 (prendendo come benchmark i titoli di Stato cheapest-to-deliver sui rispettivi contratti futures) ben più alto dei 99 d’inizio gennaio, i 104 di fine marzo e i 118 di un mese fa. A ben guardare, il rendimento dei titoli di Stato italiani è sceso meno di quello tedesco, dall’1,55% d’inizio anno all’1,46% ieri, mentre il Bund è calato da 0,56% a 0,12% in quel periodo. Nelle giornate nere della crisi bancaria in Borsa lo scorso febbraio, il rendimento del Btp è schizzato all’1,70% mentre quello tedesco ha toccato un minimo a 0,17%, con lo spread sopra 150 (ben lontano comunque dai famosi 575 punti al picco della crisi del debito sovrano nel novembre 2011). In giornate di “risk off”, la fuga verso la qualità continua a prediligere i titoli tedeschi e a penalizzare quelli italiani. Ma c’è dell’altro.
Lo spread in questo momento appare influenzato più dai fattori tecnici, e positivamente, che non dai fondamentali. Tecnicamente, hanno un peso preponderante i seguenti elementi: il Qe della Bce (92 miliardi di acquisti in BTp sono elevati rispetto alle emissioni lorde e nette di titoli candidati al Qe e attese dal Tesoro per quest’anno); la caccia all’alto rendimento che aumenta la domanda sui periferici (come dimostra il successo del Bonos a 50 anni ieri); la maggiore liquidità che offrono i Btp, soprattutto rispetto ai Bonos spagnoli; un Btp future che funziona bene anche per coperture di posizioni di grandi dimensioni; il carry trade per le banche che si finanziano a tassi più bassi rispetto ai rendimenti in offerta. Paradossalmente, persino il bail-in stringe lo spread perchè evita che le crisi bancarie facciano esplodere il debito pubblico.
I fattori che pesano negativamente, e che allargano lo spread, sono meno tecnici e maggiormente di natura economica e per ora non influiscono in maniera determinante: ma potrebbero farlo nelle prossime settimane o mesi. «La crescita è il principale fattore per garantire la sostenibilità del debito pubblico italiano e il fatto che l’Italia abbia una crescita ancora lenta, tra i principali Paesi europei, pesa negativamente sullo spread tra Btp e Bund», sostiene Gustavo Baratta, trader in titoli di Stato di Banca Imi. Il differenziale tra Btp e Bund si allarga quando cresce meno del previsto il Pil in Europa, Usa e Cina. Il gap tra Btp e Bund risente in negativo dell’inflazione bassa o nulla, in quanto l’inflazione riduce il valore nominale del debito. Sul breve termine, «sullo spread influisce negativamente l’ipotesi Brexit e la conseguente maggiore volatilità, prima e dopo il referendum inglese, a prescindere dal risultato», secondo Baratta. Il rischio Grexit invece non dovrebbe tornare a far allargare lo spread tanto quanto è accaduto la scorsa estate. «Il crescente focus dei mercati esteri sul problema delle sofferenze delle banche italiane non sta pesando ancora molto sullo spread ma potrebbe farlo in prospettiva», ammonisce Baratta: il problema dei crediti deteriorati comunque frena l’attività bancaria e riduce il flusso del credito all’economia, rallentando la potenzialità del Pil. Lo spread si allargherebbe, e non poco, per colpa del rischio politico, con l’arrivo di elezioni a sorpresa in Italia. Salirà la volatilità per le elezioni in Usa e Spagna. Non da ultimo, l’ipotesi di intervento sul trattamento preferenziale accordato ora ai titoli di Stati detenuti dalle banche è un’altra spina nel fianco. Per tutti questi motivi, il mercato non è tranquillo: e lo spread tende, anche se poco alla volta, ad allargarsi.