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 2016  maggio 12 Giovedì calendario

Ricordare Giuseppe Dosi, il più grande detective italiano

Pochi ricordano oggi Giuseppe Dosi (1890-1981), uno dei più grandi detective della storia italiana. L’Ufficio Storico della Polizia ha però realizzato un’opera collettiva, curata da Raffaele Camposano, in cui si ricostruisce in ogni sfaccettatura la sua personalità: Giuseppe Dosi: il poliziotto artista che inventò l’Interpol italiana (reperibile in pdf all’indirizzo http://www.poliziadistato.it/articolo/view/40741/).
Difficile sintetizzare una figura così poliedrica. Scegliamo allora alcune delle inchieste che lo resero celebre. Nell’agosto del 1922 Gabriele D’Annunzio era precipitato dal davanzale della sua villa sul lago di Garda. Dosi riuscì a introdursi a Gardone assumendo l’identità di Karel Kradokwill, sedicente tenente dell’armata cecoslovacca, ferito a una gamba, che si esprimeva in un teatrale linguaggio italo-tedesco. Da un’inedita memoria manoscritta si ricava che il detective focalizzò le sue indagini sull’amante Luisa Baccara e sua sorella Jolanda, che avevano instaurato tra di loro un rapporto morboso e isterico. Secondo il detective la caduta sarebbe stata causata da una spinta data proprio da una delle due giovani in un raptus di gelosia. Ricorda la figlia Maria Letizia che quando il Vate scoprì «l’inganno artistico di mio padre», lo gratificò dell’epiteto storico «Lurido sbirro».
Nel novembre del 1925, basandosi su informazioni raccolte in ambienti socialisti, Dosi riuscì a sventare un attentato contro Mussolini da parte di Tito Zaniboni. Dosi entrò nelle grazie del regime, ma la sua stella iniziò presto a eclissarsi per colpa del caso più celebre a cui si dedicò, quello del «mostro di Roma» che dal 1924 al 1927 aveva violentato otto bambine uccidendone cinque. Con trionfalismo mediatico e facendo ricorso anche a prove false, nel 1927 fu arrestato Gino Girolimoni, la cui innocenza fu riconosciuta solo dopo 11 mesi di carcere, questa volta circondata da un incredibile silenzio della stampa, lasciando quindi l’infelice marchiato sino alla morte. Nel 1961 al suo funerale erano presenti due o tre persone, una delle quali era Dosi, fin dall’inizio certo dell’innocenza di Girolimoni.
Per lui, infatti, la pista da seguire partiva da Capri, dove si ritrovavano ricchi viziosi, soprattutto stranieri, «per squallidi scopi di dissolutezza». Lì Dosi apprese che un pastore anglicano, Ralph Lyonel Brydges, era stato arrestato per tentata violenza ai danni di una bambina, ma subito rilasciato, presumibilmente per evitare complicazioni politico-diplomatiche.Venuto a sapere che Brydges era imbarcato su una nave che faceva scalo a Genova, Dosi riuscì a farlo metterlo in stato di fermo e trasferire nel manicomio di Santa Maria della Pietà. Le diagnosi psichiatriche suffragarono le certezze investigative di Dosi, ma tutto fu inutile: difeso dall’ambasciata inglese, alla fine Brydges venne assolto. Le inchieste sul “mostro” rimasero così inconcluse, malgrado Dosi avesse dimostrato che in ogni Paese in cui si era recato il reverendo si erano verificati crimini sessuali ai danni di minori.
Amareggiato dal comportamento della gerarchia, nel 1939 Dosi pubblicò La storia di un commissario, un memoriale in 100 esemplari in cui raccontava la sua verità. Il volume venne sequestrato e Dosi dispensato dal servizio, arrestato, tradotto a Regina Coeli nel reparto dei detenuti politici e infine rinchiuso per 17 mesi nel manicomio di Santa Maria della Pietà, per ironia della sorte nello stesso padiglione dov’era stato Brydges.
Nel 1941 riebbe la libertà e nel 1946 fu riammesso nella polizia grazie ai meriti speciali guadagnati lavorando per l’intelligence alleata e anche nella ricostruzione delle vicende relative all’attentato di via Rasella e all’eccidio delle Fosse Ardeatine. Dal 1947 al 1956, anno della sua messa a riposo, Dosi si occupò soprattutto di dare vita all’organismo internazionale noto come Interpol, nel cui ambito trattò 31.500 pratiche investigative, redasse 100mila note informative ed effettuò 364 arresti in Italia e 850 in tutto il mondo.
Un’ultima annotazione: Dosi fu anche ottimo autore di noir e di lavori teatrali. Tra questi emerge Il Pierrot giallo, composto nel 1931 e rappresentato nel 1933 all’Howard Theatre di Washington, nell’adattamento di Lilian McDevitt, con la supervisione del drammaturgo Sidney Howard, premio Pulitzer nel 1925, nonché sceneggiatore di Via col vento (1939).