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 2016  maggio 12 Giovedì calendario

«Il tritolo era per il procuratore di Napoli»

Gli artificieri della polizia lo definiscono «esplosivo ad alto potenziale» e parlano di velocità di combustione dai 6.800 metri al secondo. È il tritolo che doveva servire all’attentato contro il procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo. Era in un pacchetto di carta marrone, sigillato da nastro adesivo dello stesso colore: 547 grammi, una quantità in grado di far saltare in aria una palazzina. Era sepolto in un tratto di campagna sotto la strada statale 100 di Gioia del Colle ben nascosto dalle piante. Accanto, c’era anche una pistola di quelle fabbricate nella ex Unione sovietica: una Tokarev 7,62. Il “tesoro” era in una proprietà privata di circa diecimila metri quadri, dove ci sono giostre, una roulotte, un maneggio, una casetta per attrezzi. A quel pacchetto, gli agenti della squadra mobile di Bari sono arrivati a colpo sicuro durante una perquisizione che risale a 13 giorni fa. Prima della riunione del comitato nazionale dell’ordine pubblico a Napoli, quando il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si lasciò andare ad una prima, allora incomprensibile ed enigmatica, solidarietà pubblica al procuratore Colangelo nelle sale della Prefettura napoletana.
«ECCO LA POLVERE DA SPARO»
La perquisizione è stata eseguita nella casa e nell’enorme terreno di proprietà di Amilcare Monti Condesnitt, 48 anni, un cane sciolto della criminalità organizzata barese, con precedenti per droga. Un cane sciolto, ma rispettato nella sua zona, quella di Gioia del Colle, per i rapporti che ha con alcuni clan della camorra e con gruppi della mafia balcanica. La sua specialità, dicono gli inquirenti, è procurare armi dall’Est e rivenderle ai napoletani. Monti è in carcere da sabato scorso, quando gli è stato notificato un fermo per la detenzione illegale di quel tritolo da brividi. E con lui sono finiti in carcere altri tre uomini: il 24enne Giuseppe Piscopo, il 41 enne Francesco Paolo Ciccarone, il 33enne Paolo Paterno e il 36enne Antonio Saponaro. Vengono accusati di aver contribuito a trasportare su una Fiat Bravo il tritolo da Bitonto a Gioia del Colle. Quel viaggio illegale, che le indagini in corso sospettano commissionato da uomini della camorra dei clan a nord di Napoli, è stato intercettato dalla polizia che aveva riempito di microspie le auto dei due pregiudicati della provincia barese. Attività d’indagine scattata dopo il tentato omicidio nel quartiere San Pio di Bari, che il 14 febbraio scorso doveva avere per bersaglio un esponente del clan Strisciuglio: Giuseppe Drago. L’auto che è servita a portare il tritolo era imbottita di microspie perché era abitualmente utilizzata dagli uomini del clan nemico degli Strisciuglio. Tutto avvenne il 27 aprile, la partenza era da Bitonto. L’arrivo a Gioia del Colle nella casa di Amilcare Monti Condesnitt, dove l’auto rimase solo dieci minuti per poi ripartire. Giusto il tempo di scaricare l’ingombrante pacchetto. È un incensurato, Paolo Paterno, a dare una mano a Saponaro e Piscopo, per caricare l’auto. Del viaggio, sono a conoscenza tutti quelli del gruppo Condesnitt. Il capo viene informato da un altro suo uomo, il 41enne Francesco Paolo Ciccarone, che il traporto è cosa fatta. «Gliela dobbiamo portare ad un compagno la polvere da sparo» dice Saponaro nelle intercettazioni ambientali. In auto arrivano Piscopo e Saponaro, che indica dove nascondere il pacchetto.
LA PAURA DEI “CORRIERI”
Scrive il pm della Dda, Roberto Rossi, che ha firmato il fermo: «Saponaro e Piscopo sono preoccupati di non far fumare Paolo e non certo per la sua salute. Questo conferma che Paolo sta trasportando l’esplosivo». Il ritrovamento, quasi casuale, è il pezzo mancante dell’allarmante mosaico che, dagli inizi di aprile, cerca di mettere insieme la Dda barese con la Squadra mobile di Bari, da 15giorni guidata dal napoletano Carmine Esposito. È proprio un mese fa che un collaboratore di giustizia barese, di origini napoletane, nel ricostruire gli scenari del traffico di droga suddiviso nel capoluogo pugliese tra 7-8 clan che si sono divisi le aree di spaccio, aveva riferito agli inquirenti: «In carcere, ho saputo di un attentato che alcuni gruppi della camorra napoletana preparano contro il procuratore Colangelo». E aveva aggiunto di appostamenti, segnalazioni sulle abitudini del magistrato che, quasi ogni fine settimana torna nella sua casa di Gioia del Colle. Un pugliese che conserva l’amore per le sue radici e, da Napoli dove lavora, torna quasi sempre a casa. A Colangelo la notizia delle dichiarazioni del pentito sono state riferite quasi in tempo reale un mese fa. E il procuratore, quasi senza scomporsi, si era raccomandato: «Non vorrei allarmare mia moglie, chiedo riservatezza». Da almeno un mese, la vigilanza a Gioia del Colle è stretta. La casa del procuratore capo di Napoli è presidiata, specie dopo la scoperta del tritolo, che conferma le dichiarazioni del pentito. Il pm barese Rossi ha incontrato il procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli, coordinatore della Dda partenopea. Gli uomini della Squadra mobile di Bari sono in contatto stretto con i colleghi napoletani. L’obiettivo è arrivare ai mandanti dell’attentato. Colangelo intanto incassa la solidarietà di tutti: «Continuerò nel mio lavoro al servizio dello Stato».