Corriere della Sera, 12 maggio 2016
Nell’Europa o fuori, la Gran Bretagna tratta la questione dell’Ue come un problema esclusivamente economico, non ideale
Tra poche settimane il popolo inglese verrà chiamato a pronunciarsi sulla famosa Brexit. I sondaggi confermano che almeno il 50% della popolazione è favorevole a un’uscita dall’Unione Europea. Ma i britannici non si rendono conto che il loro Paese, non autosufficiente dal punto di vista alimentare ed energetico, vive soprattutto di commerci e attività terziarie ? Allora, perché scegliere di mantenere tutte le proprie superate tradizioni, metaforicamente «tagliare gli ormeggi» dal «continente» e andare alla deriva nell’Atlantico verso un futuro incerto, su di un’isola di soli 60 milioni di abitanti destinata a misurarsi da sola con un mondo globalizzato che oggi conta più di 7 miliardi di esseri umani? Ci può spiegare i motivi di questo strano e antistorico atteggiamento?
Franco Cosulich
Milano
Caro Cosulich,
Esiste in Gran Bretagna un vecchio partito euroscettico e nazionalista, alimentato da una stampa popolare che non ha mai smesso di lanciare strali satirici, spesso volgari, contro la Commissione di Bruxelles e i suoi minuziosi regolamenti. Non è sorprendente che nel clima populista dell’ultimo decennio questo partito si sia allargato sino a comprendere un gruppo consistente di esponenti del partito conservatore. Se dovessero rispondere ai quesiti della sua lettera, questi conservatori direbbero che la City, insieme a Wall Street, è la maggiore piazza finanziaria mondiale e che il rapporto speciale con gli Stati Uniti conferisce alla Gran Bretagna uno status diverso da quello di qualsiasi altro Paese europeo.
Esiste tuttavia anche un partito britannico, caro Cosulich, che condivide le sue preoccupazioni: e vi è infine un recente e interessante rapporto del Tesoro britannico sulle ricadute di una eventuale Brexit. Secondo una sintesi del Financial Times, l’uscita potrebbe ridurre il Prodotto interno lordo britannico del 6%, con un costo annuale, per le singole famiglie, di 4.300 sterline. Molti osservatori sono convinti che le condizioni dell’accesso della Gran Bretagna al mercato unico dovrebbero essere rinegoziate e che questo processo potrebbe richiedere parecchio tempo. Il partito che vuole restare nell’Unione è forte, ha buoni argomenti e potrebbe ancora vincere la partita.
È interessante osservare, tuttavia, che nel dibattito britannico sull’Europa gli argomenti politici sull’Unione e sul suo futuro sono pressoché assenti. Nessuno sembra constatare che tutti i maggiori avvenimenti degli ultimi anni hanno dimostrato l’impotenza dei singoli Stati europei. Nessuno di noi, in un mondo dominato da grandi potenze, può affrontare da solo il problema dei migranti, del fondamentalismo islamista, del riscaldamento climatico, della politica spaziale, del commercio mondiale, dell’assistenza ai Paesi emergenti. Nell’Europa o fuori dell’Europa, la Gran Bretagna continuerà a trattare la questione della sua appartenenza all’Unione come un problema esclusivamente economico, privo di qualsiasi connotazione ideale.