la Repubblica, 12 maggio 2016
Tutti gli italiani fuori dagli Internazionali di tennis a Roma. Ma oggi non è più una sconfitta
In un qualsiasi altro anno sarebbe stata una disgrazia totale, l’uscita di tutti i tennisti italiani in azione agli Internazionali Bnl di Roma: con Andreas Seppi prima, e Roberta Vinci dopo, il mercoledì sportivo è stato nero, dopo che Fognini e gli altri avevano già salutato.
Ma la parola crisi non è per il Foro Italico, dove l’allegria e la spensieratezza dei ragazzini, fermi davanti agli studi di Supertennis nella speranza di una inquadratura, va ben oltre l’Italia. Il torneo di viale delle Olimpiadi è ormai un caso internazionale, festa e momento di bellezza sportiva (e lo confermano le stesse star, come Nadal: «Se Roma non è un posto speciale per i giocatori, quale altro posto potrebbe esserlo?»). Ma i giovani non sanno quanto abbiano rischiato, perché non sempre sono state rose e fiori.
Anzi. La rinascita del torneo potrebbe essere citata come esempio da manuale per molti manager. Per comprendere appieno bisogna andare però a ritroso, quando i campi del Foro ricordavano le gesta di un tempo. Ma il passato non può durare per sempre. Se non ti aggiorni e non investi, con la tradizione non fai business. La storia diventa polvere. Esattamente quanto stava accadendo a Monte Mario: l’evento – nel 2003 – non valeva più nulla, in termini economici: ogni anno debiti per 2 milioni di euro.
«Io sono presidente dal 2001». A parlare è Angelo Binaghi, l’ingegnere la cui gestione ha risanato e rilanciato lo show. «Dopo due anni di vita grama il consiglio federale decise di intervenire alle radici». Le possibilità erano due: «A quei tempi il bilancio della Fit era più piccolo e dunque o si usava l’accetta oppure si doveva vendere il torneo». Succede spesso: ad esempio, il tanto pubblicizzato torneo di Madrid potrebbe lasciare la capitale spagnola per l’Asia. La Fit invece decise di rinnovare ed investire. Sporcandosi le mani e dando una ripulita totale. «Sia all’interno che all’esterno. Perché i problemi erano doppi, se non tripli. A partire dai tempi della gestione commissariale della Federazione il Foro Italico ha incominciato a rappresentare quella certa romanità di cui abbiamo poi sentito parlare in seguito». Attenzione, non un semplice problema di generone romano. «No, si era gradualmente creato un sistema di dazioni illecite, concessioni e omaggi che andava oltre l’umana decenza». Ma il peggio, a dire di Binaghi, sono state le amministrazioni comunali: «Destra o sinistra, poco è cambiato. Non hanno mai aiutato: una linea di bus dedicati, un rafforzamento dei taxi, i parcheggi. In dieci anni nulla, perfino sui sorteggi ci hanno ostacolato. Mi viene da dire che la nostra fortuna è l’esserci ghettizzati a vicenda, ognuno se n’è andato per la propria strada, fortunatamente». Così, dal 2005 ad oggi, la Fit ha stretto un patto d’acciaio con Coniservizi, la proprietaria dell’impianto, ridotto fin quasi al nulla i biglietti omaggio tanto ora il torneo supera quest’anno i duecentomila spettatori paganti.
«Il torneo del Foro Italico è il primo evento sportivo italiano: vale 125 milioni di euro e crea un indotto per la città di Roma di oltre 100 milioni di euro all’anno». L’ingegnere snocciola a mitraglietta le cifre: «Abbiamo un fatturato di oltre 30 milioni di euro, con un utile di oltre 10 in 8 giorni di gare. E una buona parte va al Coni, a beneficio dell’intero sport italiano».
Mentre i tifosi si godono Federer& Djokovic, e implorano l’autografo a Nadal, il gruppo Binaghi guarda al futuro: «Abbiamo bisogno di un sindaco che capisca il valore di questa manifestazione e decida di affiancarci per farlo crescere ancora. Noi abbiamo richieste doppie rispetto all’offerta, il torneo oggi sta a Roma ma è di tutto il Paese e la Federtennis deve rappresentare tutti…». Minaccia o provocazione, chissà. Certo che l’idea di sviluppo per il futuro ha una sola direzione, verso il Tevere: lo Stadio del Nuoto sarebbe un altro Centrale da favola.