Corriere della Sera, 12 maggio 2016
Ritratto di Ciro Falanga, il verdiniano del lodo sulla prescrizione
Da avvocato si vantava di aver «separato migliaia di coppie», da senatore del Pdl ha sfoggiato un disegno di legge per salvare le case abusive dalle ruspe e adesso che è un «big» del gruppo verdiniano Ala, con un piede nella commissione Giustizia e l’altro nell’Antimafia, Ciro Falanga si batte per scongiurare l’allungamento della prescrizione.
Suo il «lodo» che, tracciando una corsia preferenziale ai processi per reati contro la pubblica amministrazione, potrebbe pacificare la maggioranza sulla riforma del processo penale. Il che spiega il «giallo» che per giorni ha tenuto banco in Parlamento: cosa ci faceva il ciuffo brizzolato di Falanga il 4 maggio al vertice di maggioranza con il Guardasigilli? Certificava l’ingresso di Verdini in maggioranza?
«Sul punto non so rispondere – la prende alla larga il senatore –. Ma le sentenze devono essere veloci, perché come diceva Filippo Mancuso “la giustizia di popolo è tribale”. Non possiamo volere il processo celere e prevedere una prescrizione ultraventennale». I suoi cambi di casacca sono quasi leggendari: dalla lista civetta «Abolizione Scorporo» a Forza Italia, dai Repubblicani con Prodi al Pdl con Berlusconi, dai Conservatori e riformisti di Fitto ai filorenziani di Verdini. Eppure, sempre in viaggio tra partiti e schieramenti, su un punto Falanga non ha mai cambiato idea: «La carcerazione preventiva è medievale. E la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva è principio sacrosanto».
Teorema che, nelle riflessioni del senatore nato a Torre del Greco nel 1951, si applica «ovviamente» anche a Nicola Cosentino. A chi lo annovera tra gli amici dell’ex governatore arrestato per camorra, Falanga risponde con una formula mandata a memoria: «Se io dico che un politico in carcere preventivo da oltre due anni è un segnale di tradizione medievale e tu mi rispondi che sono amico di Cosentino, per me sei un cretino».
A sfogliare le cronache si scopre che lo scorso dicembre a Trecase, Napoli, le auto di Falanga e di un suo collaboratore presero fuoco e gli inquirenti ipotizzarono un’azione dolosa. Ma a togliere il parlamentare dal recinto dei peones è stato il ddl per fermare le ruspe a Ischia e poi magari in tutta l’Italia, bollato da Grillo come «condono mascherato». Per sventare le demolizioni si inventò una «scala di priorità» e ora rispolvera lo stesso metodo per sminare la prescrizione: «Io fisso un criterio di priorità assoluta. Prima i processi con detenuti, poi il terrorismo, quindi la criminalità organizzata, infine la corruzione». Loquace e vanitoso, in tv raccontò il sogno di approdare al Csm, rivelò che il suo inglese «è peggio di quello di Renzi» e confidò l’orgoglio di esser stato «il più giovane presidente dell’Ordine degli avvocati». Gli chiesero se è «meglio un figlio gay o camorrista» e lui, senza esitare: «Meglio gay». Se gli danno del trasformista si infuria e giura di aver lasciato Berlusconi (la prima volta) perché non condivideva le leggi ad personam e di essere diventato «un responsabile» di Renzi perché il Pd è in sintonia con i principi liberali: «Io comunista? Mai. Ma se Renzi mi abolisce l’Imu e mi alza il contante a tremila euro, io voto anche il diavolo». Prossimi obiettivi? «Riformare il Csm e far pagare un prezzo a pm come de Magistris, che hanno fatto carriera con processi mediatici inesistenti».