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 2016  maggio 12 Giovedì calendario

Bertolaso confessa: «Sono stato io a convincere Berlusconi a convergere su Marchini»

«Sono stato io a stoppare Berlusconi. La sera del 20 aprile, era appena arrivato il famoso sondaggio della Ghisleri, ero stato invitato a cena a Palazzo Grazioli, insieme allo stato maggiore di Fi. Solo che io, impegnato altrove, sono arrivato tardi. Lì mi sono trovato davanti a un plotone di esecuzione: avevano già convinto Silvio a farmi ritirare e a convergere su Giorgia. Era fatta. Il fronte del Nord – Romani, Toti, Santanché – era al settimo cielo».
E poi che è successo?
«Che il presidente mi chiede di darle una mano in campagna elettorale, per poi fare il vicesindaco o il city manager. “Voi siete liberi di andare con chi volete”, gli ho risposto, “ma non potete chiedermi di sostenere Meloni”».
E perché?
«Per il semplice fatto che la ritengo inadatta a fare il sindaco di Roma. Al che Silvio dice: “Noi però non possiamo perdere la faccia così”. E “neppure io”, ho replicato, “è una questione di dignità”. Non potevo certo allearmi con uno come Salvini, la cui ragione sociale è avere una capitale debole, in declino. Un fascista che sputa sul tricolore e sostiene che il presidente Mattarella è un ubriacone. Berlusconi ha capito e ha ribaltato il tavolo».
Il giorno dopo ci fu l’ufficio di presidenza di Fi, la sua resistenza, fino al 26 aprile: colpo di scena. Si va su Marchini.
«Ci ho messo quasi una settimana a convincere Silvio. Sono io che ho portato Alfio da lui la notte del 25. Berlusconi non voleva: “Piuttosto che rompere la coalizione, andiamo avanti da soli” diceva. Ma io avevo tutta Forza Italia contro, c’erano candidati in consiglio comunale che facevano manifesti senza neanche mettere il mio nome. Non c’erano più le condizioni. Io l’ho capito e ho fatto quello che ritenevo più giusto per il bene della città».
Sta dicendo che l’ex Cavaliere ha virato sull’imprenditore controvoglia?
«Non lo riteneva all’altezza di risolvere i problemi della città. Al che gli ho garantito: mi metto a disposizione io, gli darò una mano. E lui ha ceduto. Lo ha detto bene ieri: “Con lo charme di Alfio e la concretezza di Guido andremo lontano”. Offrirò la mia road map e le mie competenze».
E otterrà un posto in giunta.
«Alfio si è reso conto che per come è ridotta Roma servirebbero dieci sindaci, non uno solo».
Si è chiesto perché Meloni, dopo averla sostenuta, ha fatto retromarcia e si è candidata?
«Me l’ha detto lei prima di annunciarlo: “Non posso consentire che FdI vada sotto il 10%”. L’ha fatto per meri calcoli di bottega. Non certo per amore di Roma».
Non sarà stato per via delle sue continue gaffe, l’ultima sulle donne incinta che devono fare le mamme?
«Ma era la cosa che aveva detto Giorgia al Family Day! La verità è che lei e Salvini avevano fatto male i conti. Pesavano che fossi uno manovrabile, incline a prendere ordini da loro. Ma la mia storia è quella di un uomo che ha saputo resistere a pressioni politiche anche violentissime. Volevano comandare. Non ci sono riusciti. E hanno usato ogni pretesto per ammazzarmi».
E ora come si sente?
«Sollevato. E pronto a impegnarmi per Roma. Convinto che, chiunque vincerà dovrà varare una giunta di larghe intese: solo con l’accordo di tutti si potrà tirarla fuori dal buco nero di debiti e degrado in cui è precipitata».