Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2016
Il giro raccontato da Indro Montanelli, quello del ’47
Nel 1947 Indro Montanelli viene incaricato dal Corriere della Sera di seguire le tappe del Giro d’Italia. Le sue cronache sono raccolte in “Indro al Giro”, curato da Andrea Schianchi per Rizzoli. Ne pubblichiamo un breve estratto.
A Perugia un signore ci confessò, pregandoci tuttavia di tacere il suo nome abbastanza conosciuto in città come quello di una persona seria, che, in omaggio a Bartali, egli usava dormire con una maglia della Legnano a mo’ di pigiama, sulla quale aveva fatto ricamare da sua moglie le gesta, riassunte, in cifre, del popolare corridore: quattromila tanti chilometri di maglia gialla, seimila tanti di maglia rosa, eccetera. (...).
Non c’è nulla da fare: il “tifo” è in decadenza quasi dovunque in Italia, e questo dipende non soltanto dal fatto che i corridori deludono, che gli assi non si prodigano, che l’emulazione troppo spesso si spegne nei “patti di non aggressione”; dipende anche dal fatto che De Gasperi è diventato, in Italia, più importante di Coppi e di Bartali, e quando diciamo De Gasperi non intendiamo l’uomo, ma quell’insieme di problemi che la sua persona rappresenta. Se ciò sia un bene o un male non so. So soltanto che è una certa Italia che muore, l’Italia del Giro d’Italia, mentre sembra che meglio resista la Francia del Giro di Francia.
Due sole regioni fanno eccezione alla regola in questa generale decadenza: la Toscana e l’Emilia, le uniche in cui Coppi e Bartali continuino ancora ad essere più importanti di De Gasperi. E un giorno è pensabile che il Giro d’Italia, morto dovunque altrove, si correrà soltanto qui, tra Bologna e Firenze, nel caldo cuore della Penisola, dove il sangue fa groppo e tutte si conservano intatte le tradizioni dell’eterno melodramma italiano: l’opera, il delitto passionale, la faida dì quartiere, lo scopone, Garibaldi, i tenori, i Diritti dell’uomo, le barzellette sporche, la scuola serale, l’anticlericalismo e la bicicletta che tutte in sé le riassume.
Perché, come avvenga, non so; ma è certo che Coppi e Bartali sono destinati allo stesso Olimpo in cui siedono Verdi, Caruso, Pellegrino Artusi, Bakunin e Felice Cavallotti (... ). Qui è la vera patria dell’“Aida”, della bicicletta e dei loro rispettivi tenori. Oggi ci siamo arrivati, e ce ne siamo accorti quando, poco prima di Terontola, abbiamo visto scritto su un muro: “Gino, sei tutti noi”. Era una scritta in calce bianca, antica, che di fresco aveva solo la parola “Gino” sovrapposta a quella, che ancora si leggeva sotto, di “Togliatti” la quale a sua volta si era sovrapposta a quella, che appena s’intuiva, di “Duce”. Ecco perché qui De Gasperi non riuscirà a diventare mai più importante di Bartali e di Coppi. (...)
Però, quale differenza nella comune passionalità, da una parte e dall’altra dell’Appennino! In Emilia essa è fatta di esuberanza e di generosità; in Toscana di calcolo e di perfidie. L’una e l’altra possono condurre indifferentemente all’adorazione o al linciaggio. Ma il linciaggio toscano sarà sempre più raffinato, mentre l’adorazione non sarà scevra di crudeltà.
Ora mi domando come racconterò la tappa di oggi, come la racconteranno i miei colleghi, che cosa troveranno da dire, su una corsa risoltasi nel più assoluto nulla della storia di questo “Giro”, un nulla durato cinque ore, durante le quali non uno si è staccato in avanti, non uno si è staccato indietro, meno Rossello, che si è ritirato addirittura perché aveva la “cotta”.
La “cotta” di Rossello è antica: cominciò tre giorni or sono nella “Napoli-Fiuggi” e io vidi benissimo come gli venne addosso. Faceva caldo, quel giorno, l’unico giorno di sole che abbiamo avuto fin qui, e Rossello beveva molto. Aveva una borraccia in tasca, ma dopo pochi chilometri la borraccia era vuota. Che cosa conteneva? Rossello ha detto che non conteneva che acqua mescolata a un po’ di caffè. Ma il medico della carovana ha i suoi dubbi. (...) Questi sono gli effetti tipici della “bomba”, la bevanda che essi dovrebbero ingurgitare solo nei momenti di emergenza fatta di simpamina, caffeina e stricnina.
Una “bomba” in genere sul momento fa bene e i suoi effetti eccitanti si scaricano durante la corsa o nella notte che la segue. Due “bombe” fanno meno bene e lasciano il fisico prostrato anche all’i n d o m ani. In questo caso, per intraprendere una nuova fatica, di “bombe”ce ne vogliono quattro e allora per smaltirne le conseguenze occorre una settimana di riposo. Rossello non ebbe una settimana di riposo, dopo Fiuggi. Qui arrivò già notevolmente “bombardato” e la pausa di ventiquattr’ore di cui tutti goderono a Perugia non poteva bastargli. Per cui, partendo stamane, prese una ennesima “bomba” che gli mise in moto i muscoli per i primi chilometri; poi lo vedemmo perdere le pedalate metro per metro.
Era partito alle 12.31 coi suoi cinquanta compagni rimasti in gara, e il gruppo era appena transitato da Passignano, dove il traguardo era stato vinto dall’immancabile Corrieri, seguito da Ausenda e da Marangoni, quando Rossello cominciò ad accompagnare il moto delle gambe con quello della testa. È questo il segno tipico della “cotta”. Noi di dietro lo vedevamo andar via scapocciando e, passandogli davanti, restammo colpiti dal suo sguardo velato e vago.