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 2016  maggio 11 Mercoledì calendario

L’inarrestabile corsa di Blablacar

Èvenerdì, il weekend è quello prima del 25 aprile: per andar da Roma a Milano c’è un solo treno con posti liberi, alle 6 di mattina, a 80 euro. Impossibile, invece, il ritorno in serata: tutto pieno, l’unica soluzione è un interregionale notturno con un cambio alle 2 di notte. Partenza alle 23, arrivo alle 6 del giorno dopo. Il suggerimento più comune in rete è Blablacar, la piattaforma di car pooling per condividere passaggi in auto dividendo le spese. Anche qui, però, sembra tutto completo, nonostante i passaggi sulla tratta Milano-Roma siano centinaia. Si riesce a prenotare solo grazie a un annuncio last minute: Alessandro ha ancora due posti. Dal suo profilo si apprende che è una persona a cui piace chiacchierare (è contrassegnato con un Blablabla) e che non vuole si fumi in auto. I suoi feedba ck sono positivi. La prenotazione e il passaggio si pagano online: 35 euro. Oltre ad Alessandro, in auto ci sono la sua fidanzata (entrambi 27enni, lavorano per una nota marca di cosmetici e tornano a Roma perché è nata loro una nipotina) e un’altra ragazza che lavora a Milano da qualche mese: si occupa della campagna elettorale di Beppe Sala a sindaco. Blablacar, per loro, ormai è un’abitudine: “Più economico e flessibile”, spiegano.
La sede locale e il mercato italiano
A Milano, al quinto piano di un palazzo in corso di Porta Romana, c’è la sede italiana di Blablacar: scritte ovunque, pouf multicolor con le rotelle che se uniti formano la sagoma di un’auto, open space, pareti trasparenti, scrivanie e una grande cucina: attorno all’enorme tavolo quadrato in legno del “Blablabar” ogni venerdì mattina si tengono colazioni aperte anche ad altre startup. Sul maxi-schermo, usato per le riunioni globali, scorrono i volti dei dipendenti sparsi in ogni parte del mondo, dalla Russia al Brasile, che nel mese in corso compiono gli anni. Lungo una delle pareti, due cabine rosse e insonorizzate: “Sono le nostre phone box – spiega Silvia Conti, classe 1982 e addetta alla comunicazione – ci si rifugia lì per parlare al telefono senza disturbare gli altri”. Nella zona di lavoro, c’è silenzio. Sono almeno 12: si lavora sul marketing, durante la giornata arrivano pacchi contenenti attrezzature da cucina: “Nei prossimi giorni lanceremo una campagna con una serie di video sulla cucina da viaggio”. Lo hanno deciso con un sondaggio nella loro community virtuale: gli utenti di Blablacar condividono il cibo in viaggio. E così coinvolgeranno un foodblogger per una serie di video con ricette da auto. L’età media è 29 anni. C’è chi segue anche i corsi all’università. Si entra con uno stage estivo e ci si resta. Il country manager, Andrea Saviane, ha 32 anni racconta come si è sviluppata l’azienda in Italia, l’acquisizione della startup esistente che si chiamava postoinauto.it, la sua crescita veloce, la motivazione. “La rivoluzione della sharing economy sta accadendo. Non è un prodotto, ma un’abitudine che cambia la vita delle persone”.
Una startup o una multinazionale?
La sua crescita è inarrestabile: 25 milioni di utenti, più di 11 solo in Europa. Fondata a Parigi nel 2006, vale 1,6 miliardi. “Essere in crescita significa che ogni mese aumenta il numero di persone che prova il servizio per la prima volta rispetto al mese precedente. Blablacar si è allargata entrando nei mercati dei vari Paesi e acquisendo le startup già esistenti. Nel 2015, ad esempio, ha inglobato la concorrenza acquistando il suo principale concorrente tedesco, Carpooling. com e la startup ungherese A ut o H o p . “Ci sono diversi motivi nel successo del ride sharing: il primo di tutti è il risparmio rispetto al viaggiare da soli o a pagare i mezzi pubblici – spiega Saviane –. In Italia, poi, si viaggia molto più velocemente in auto: tra Trento e Ferrara  non ci sono treni diretti. E neanche tra Calabria e Puglia. Tutti hanno un’au t o”. Blablacar si considera una startup: forse una delle più finanziate d’Europa, tanto che l’ultima raccolta è stata di circa 200 milioni. Ma ormai è presente in 22 Paesi: anche se non produce ancora utili, è nel pieno di una grande trasformazione, da tenere d’occhio.
“Non siamo Uber”: inattaccabili (per ora)
Parte da qui la riflessione sulla sharing economy legata al trasporto in Italia. Uber Pop, il servizio che permette ai guidatori di offrire passaggi in auto in cambio di una tariffa, è stato bloccato da una sentenza del tribunale di Milano ed è costantemente monitorata dai tassisti preoccupati del rischio di concorrenza sleale. Il 5 maggio, a Milano, si sono fermati per protesta. Parlavano dell’esistenza di una circolare del ministero dell’interno che permetterebbe a Uber Pop di essere attiva, ai normali guidatori di dare passaggi in auto in cambio di una tariffa molto inferiore a quella dei taxi, senza essere sanzionati. Il giorno successivo, il Viminale è stato costretto a emettere una nota che confermava la linea dura delle prefetture nel contrastare “chi utilizza un mezzo privato per svolgere un servizio pubblico non autorizzato, come il trasporto di persone attraverso nuove forme di organizzazione e gestione telematica Uber e Uber pop”. La multa può arrivare a 335 euro. Così, mentre si contesta il ride sharing, cresce il car pooling. In Italia c’è ad esempio Jojob, una startup de ll ’incubatore del Politecnico di Torino che sfrutta le norme italiane sul mobility m an ag e me n t per le aziende per ridurre l’uso dell’au to privata. Al momento, il servizio è stato attivato da 73 aziende e coinvolge 57 mila dipendenti. C’è Zego, il “carpooling urbano istantaneo, attivo in quattro città italiane (Milano, Torino, Genova e Padova) con 20 mila utenti registrati. Il principio è che i rimborsi non costituiscano una fonte di reddito professionale. GoGoBus, startup italiana nata un anno fa, ha duemila utenti: ci si prenota online, si sceglie una destinazione (o se ne propone una ) il viaggio si attiva quando le adesioni raggiungono almeno 19 passeggeri, con la collaborazione di società di noleggio autobus. Nel cuore delle polemiche europee A Parigi, sede delle più accese polemiche contro Uber, risse e automobili incendiate, in rue Ménars c’è il quartier generale di Bla Bla Car: tre piani, pareti bianche e grandi finestre. Nell’atrio c’è un albero su cui metteranno presto degli uccellini, dietro una parete, la macchinetta per le foto istantanee. Ovunque, frasi motivazionali. Il motto è Fun and serious, allegro e serio. Anche qui, silenzio e concentrazione contrastano con l’e c ce n tr icità degli spazi relax. Cerchiamo di capire perché un’azienda permette di condividere passaggi in auto non sia vittima, come Uber, d el l ’ira delle lobby del trasporto pubblico.