Corriere della Sera, 11 maggio 2016
Il segreto del successo di Cannes
Come fa il festival più importante del mondo a mantenere il suo primato? La formula di Cannes è molto semplice: dare a tutti quello che si aspettano, senza preoccuparsi se l’insieme possa sembrare sbilanciato o poco coeso. L’equilibrio e la coerenza non sono più considerate qualità vincenti, oggi i grandi appuntamenti mediatici – e Cannes lo è, come le Olimpiadi o le Coppe del mondo – devono pensare a mantenere alta l’asticella delle aspettative. Thierry Frémaux, il suo direttore, l’ha detto chiaro quando ha presentato il programma puntando soprattutto sul numero delle star. Altri direttori e altri festival avrebbero vantato le qualità dei film, Cannes ha sottolineato quel lato mondano che scatena fotografi e giornalisti (e che sa compiacere il pubblico). I malevoli ci hanno visto un ulteriore colpo ben assestato nella sotterranea lotta che Frémaux (e il suo nuovo presidente Pierre Lescure) sembrano combattere contro lo «strapotere» della critica, troppo legata – secondo loro – a un’idea di cinema e di spettacolo à l’ancienne, poco in sintonia con la strada che l’industria sembra voler imboccare e che questa 69a edizione sembra intenzionata a consacrare. Grandi nomi per il concorso, a cominciare da Woody Allen che lo inaugura fuori dalla gara, per continuare con Almodóvar, i fratelli Dardenne, Ken Loach, Sean Penn, Paul Verhoeven, Park Chon-wook. Qualche outsider di lusso come Xavier Dolan, Jim Jarmush, Asghar Farhadi, Jeff Nichols o Nicolas Winding Refn (da cui si spera arrivi la giusta dose di scandalo e di sorprese) e una rappresentativa nazionale che può coprire le sue tante anime: l’«eccentrico» Bruno Dumont, il «classico» Olivier Assayas, il «trasgressivo» Alain Guiraudie e la «tradizionale» Nicole Garcia. Lasciando a qualche presenza fuori dagli schemi (due romeni, un brasiliano, una tedesca, un’altra inglese, un filippino) il compito di occupare la casella di un cinema meno convenzionale. Mentre la mancanza dell’Italia (presente solo nelle sezioni parallele) la dice lunga sul peso del nostro cinema. Per affidare poi a Hollywood (fuori concorso ci sono Jodie Foster con Clooney e la Roberts, Steven Spielberg, Russell Crowe e Ryan Gosling) il compito di accendere le giornate più spente. C’è un’idea di cinema dietro questa scelta? Un’idea coerente e chiara? Forse sapremo rispondere alla fine del festival, per adesso cerchiamo di non farci accecare dallo scintillio di tutte queste stelle.