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 2016  maggio 11 Mercoledì calendario

I piani di Calenda per lo Sviluppo sanno di rivoluzione

La prima grana che si troverà sul tavolo si chiama Ilva. Sette società, più di quattordicimila dipendenti, un indotto di altri diciottomila. Carlo Calenda, da ieri ministro dello Sviluppo economico, ha tempo solo fino al 30 giugno. La seconda grana sarà il ministero dello Sviluppo: una macchina burocratica enorme, quindici direzioni generali, molte sovrapposizioni e un portafoglio di spesa che è niente rispetto ai tempi d’oro dello Stato imprenditore, molto se confrontato con la gran parte dei colleghi ministri. Nelle enormi stanze di Palazzo Piacentini, capolavoro dell’architettura fascista, temono l’arrivo di Calenda come uno tsunami. Fonti del dicastero raccontano che l’ex viceministro con delega al Commercio estero sarebbe intenzionato a rimettere in discussione poltrone, persone, processi. 
Negli ultimi anni il lavoro più importante dei predecessori di Calenda ha riguardato la gestione delle crisi aziendali, più di duecento, fra piccole e grandi. Il dossier più delicato era e resta quello dell’Ilva. Le cordate interessate a prendere il controllo degli stabilimenti liguri e pugliesi sono due, Marcegaglia-Mittal e Arvedi-Erdemir, ma non è ancora da escludere un coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti. Per dare un futuro all’acciaio italiano e riconvertire i vecchi altiforni sono necessari fra i due e i quattro miliardi di euro, una cifra enorme persino per un magnate indiano. Il caso vuole che Calenda conosca già il dossier: da capo della rappresentanza italiana a Bruxelles – seppure per poche settimane – si è occupato delle complesse procedure di infrazione che pendono sull’Italia fra aiuti di Stato e questioni ambientali. Il lavoro partirà da qui, perché solo con il riconoscimento della discontinuità aziendale si potrà passare alla vendita. 
Nell’agenda di Calenda c’è anche dell’altro. Ai collaboratori ha preannunciato ad esempio la volontà di far marciare il progetto «alti potenziali», un’idea nata al Commercio estero per spingere l’internazionalizzazione delle imprese più piccole. Coinvolgerà aziende con un fatturato compreso fra i 20 e i 150 milioni di euro; l’idea, mutuata dall’esperienza inglese, punta a mettere a disposizione un team di consulenti per la definizione di un progetto di crescita dimensionale. La fase di sperimentazione prevede di partire già da quest’anno con settanta aziende. 
Quando fu inaugurato, Palazzo Piacentini fu sede del ministero delle Corporazioni. Da allora, più che il ruolo nella crescita dell’economia italiana, le cronache ne hanno raccontato le mille proteste di questa o quella categoria davanti all’ingresso. Renzi si affida a Calenda nella speranza che cambi il verso più di quanto non sia riuscito a Federica Guidi.