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 2016  maggio 11 Mercoledì calendario

Gianni Clerici racconta i due Volandri

«Di che cosa scrivi ? Di Volandri ?» mi domanda un collega, passando vicino al mio banco. «Sei diventato patriota, proprio tu che sei mezzo svizzero?». Confermo che sto scrivendo di Filippo Volandri, per varie ragioni umane che prescindono dal patriottismo. Volandri ha infatti intrattenuto gli spettatori del Campo Centrale per due ore, andando vicino a battere il primo dei secondi, come mi piace definire David Ferrer, uno che non batte (quasi mai) quelli che stanno davanti a lui, i campioni veri, e batte invece tutti i campioncini che stanno in classifica dietro al suo numero nove.
Filippo è un insolito esempio di chi cambia mestiere, diventando, da tennista professionista, un uomo che sostituisce all’attività muscolare quella intellettuale, se così mi si consente di definire una telecronaca. Telecronache che svolge con profitto, e con superiore competenza tecnica del telecronista standard, magari specializzato in quel che si chiama colore.
Mentre seguivo Volandri tennista mettere in crisi, con i suoi lunghi cross di rovescio, il regolarista Ferrer, mi son venuti in mente alcuni episodi ai quali il destino professionale mi aveva consentito di assistere. Il primo era stato una vittoria al 3° turno su Federer nel 2007, proprio a Roma, che aveva fatto esplodere di entusiasmo il Centrale, e aveva addirittura richiamato i nomi di Pietrangeli e Panatta. I congegni contemporanei che sostituiscono la mia smemoria mi ricordano un’altra vicenda, del tutto opposta a quella gloriosa di Roma. Una sconfitta subita a Livorno, non soltanto città natia, ma sorta di “kinderheim”, visto che il papà di Filippo era il Presidente del Club. Contro un gruppetto di dilettanti polacchi, i nostri, nel 2004, rischiarono un disfatta davvero vergognosa, ma ancor più crudele per chi, come Filippo, nel Club era cresciuto. Riuscì a perdere da certo Kubot, per 6-2 al quinto, Volandri, e capisco quel che dovette provare, rileggendo il mio articolo di allora, dopo che la sconfitta dell’Italdavis fu infine evitata da Potito Starace. Ultima vicenda che, da spettatore, condivisi con lui, la condanna per un doping che non esisteva, allo Australian Open. Volandri fu sanzionato a torto, perché aveva ecceduto nell’uso di un liquido nasale, del quale anch’io mi servivo, e che quindi mi parve lontano da ciò che si chiama doping. Fui, credo, il solo giornalista a scriverne, e non mi abbandona il senso di ingiustizia che provai. Ecco quanto mi è ritornato oggi in mente, assistendo al match Ferrer-Volandri, sul Centrale del Foro.