la Repubblica, 11 maggio 2016
Tutti impazziti per i droni. C’è chi li usa per spargere concime e chi per fare la guerra, ma c’è anche chi ci gioca e chi ci vince le gare
Ottanta, cento chilometri all’ora. Ronzando forte mentre sorvolano ad un metro d’altezza i sedili degli spalti attraversando porte quadrate bordate di neon. Cabrano, virano, si infilano nei corridoi dello stadio fino alla rampa elicoidale del parcheggio. Sul dorso un led colorato, sul muso una microtelecamera che la regia usa spesso e volentieri per sottolineare sorpassi, acrobazie, inevitabili collisioni. La gara di avvio del primo campionato americano per droni, la Drone Racing League (Drl), mima perfettamente i modi degli sport estremi a stelle e strisce. È cominciato a fine febbraio al Miami Dolphins Stadium, la terza tappa sarà a Los Angeles a giugno dopo New York, con la benedizione (e i soldi) dell’immobiliarista Stephen Ross, proprietario della squadra di football che dà il nome alla struttura. Non è il solo a crederci. Il cantante dei Muse, Matt Bellamy, sullo stesso campionato ha investito otto milioni di dollari. La Drl conta già su un canale You-Tube da alcuni milioni di visualizzazioni e ha l’ambizione, dialogando con il network tv Espn, di organizzare un campionato mondiale. Questo strano universo, appena nato, tenta di fare il grande salto sull’onda di previsioni mirabolanti. La società di consulenza PricewaterhouseCoopers (PwC) ha appena pubblicato uno studio secondo il quale il mercato dei droni, nel suo complesso, potrebbe passare dagli attuali due miliardi di dollari a centoventisette miliardi nei prossimi quattro anni. Il seimila per cento in quarantotto mesi, se solo dei droni venissero sfruttate tutte le potenzialità dall’industria all’agricoltura, nelle infrastrutture, nell’intrattenimento, passando per la sicurezza, le telecomunicazioni, i trasporti, le assicurazioni. Leggi permettendo. L’ostacolo maggiore sta proprio nelle norme, o nella loro assenza, che ne limitano l’uso. Intanto le gare e le manifestazioni si moltiplicano, quest’anno saranno sessantasette quelle maggiori iniziando dal Roma Drone Expo che apre nella capitale venerdì e che alle competizioni dedicherà spazio. «In America le leggi sono più permissive che in Italia», racconta al telefono da New York Nicholas Horbaczewski. A 35 anni, originario di Boston e con laurea ad Harvard, è la mente e l’anima della Drone Racing League. Prima si occupava di altro: ha lavorato a Tough Mudder, torneo sfiancante di corse campestri nel fango. Mezzo milione di partecipanti in sessanta eventi su tre continenti. L’idea per la Dlr è nata lì, nel fango, pensando a cosa possono diventare le nicchie su scala planetaria. «Le gare di droni sono apparse quattro anni fa», continua lui. «Sono una forma di sport singolare, vive al confine fra tre mondi: la tradizione del Moto Gp; i videogame online con i quali condivide anche la visuale in prima persona, “first person view” (fpv), grazie alla telecamera del drone che trasmette le immagini al visore del pilota; l’attitudine da maker, perché i modelli più veloci sono costruiti a mano usando i componenti migliori».
Proprio guardando alle vendite dei componenti si riesce a calcolare il numero dei piloti. Circa centomila persone che corrono abitualmente, concentrati negli Stati Uniti, Corea del Sud, Australia e Inghilterra. Utilizzano come autopilota – che serve fra le altre cose al bilanciamento e a gestire i comandi in entrata e in uscita – software open source come Open Pilot o quello della 3D Robotics di Chris Anderson, ex direttore di Wired poi convertitosi ai droni. Ma soprattutto passano il tempo a riparare i loro velivoli. La frequenza degli incidenti è alta volando a quelle velocità.
«In Italia? Siamo a livelli embrionali», commenta Paolo Marras, a capo dell’Assorpas, l’associazione delle imprese operanti nel settore dei piccoli velivoli a pilotaggio remoto. «Per la normativa il pilota deve vedere il velivolo e vedere gli altri per evitare le collisioni, non lo si può guidare con un visore fpv se non al chiuso».
Unica eccezione i droni militari, che stranamente nel giro di affari calcolato dalla PwC non sono citati. A questo si aggiunge l’obbligo di volare lontano dai centri abitati e dalle persone. Significa che da noi Amazon difficilmente potrà mai consegnare i suoi pacchi con un quadricottero, come invece sta già facendo la posta in Svizzera e in Norvegia. La Polonia, l’Arabia Saudita e Singapore sono state le prime ad approvare la regolamentazione per la guida senza contatto visivo.
E così in Italia per ora i droni sono adoperati soprattutto da chi fa riprese per cinema e televisione, per controllare i campi coltivati o il territorio e per la sicurezza. La Polizia li sta sperimentando ad esempio e al Roma Drone Expo mostrerà tre modelli costruiti dalle italiane Ibs e Flytop.
Tutto il settore sembra però sull’orlo di un cambiamento. Stando alle stime Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile, sono oltre mille e duecento le aziende o i soggetti abilitati al volo e aumentano a un ritmo di centocinquanta al mese. Basta presentare domanda e l’Enac valuta se concedere la licenza. A patto di aver fatto un corso, le scuole sono circa cento in tutta Italia. «Alcune delle quali poco qualificate», sottolinea Luciano Castro, l’organizzatore dell’expo di Roma. «Si arriverà presto a poche scuole molto specializzate. Nel frattempo il successo delle gare fpv ha spinto l’Aero Club Italia a fare pressione sull’Enac, ottenendo la possibilità di organizzare gare fpv all’aperto sotto la sua responsabilità. E domenica presentiamo il nuovo regolamento internazionale per la “formula uno volante”. Si aprono così le porte a competizioni riconosciute internazionalmente anche da noi».
La speranza è che un po’ di quel giro di affari che ruota attorno ai motori, o ai tornei dei videogame online come League of Legends, possa arrivare ai quadricotteri. Fra l’Italia e Dubai ci sono ancora ben più dei seimila chilometri che le separano. Lì un ragazzino inglese di nome Luke Bannister un mese fa si è portato a casa duecentocinquanta mila dollari al World Drone Prix, premio più alto mai vinto in questo tipo di gare. Ora si tratta solo di capire quanto tempo ci vorrà per accorciare le distanze.