la Repubblica, 11 maggio 2016
L’incomprensibile truffa delle liste civetta
Confesso uno sgomento irrimediabile di fronte alle “liste civetta”, quelle che cercano di abbindolare elettori molto anziani, o molto tonti, con simboli che ne imitano altri: come la “lista del Grillo” presentata a Torino nella speranza di scippare qualche voto ai Cinquestelle. Lo sgomento discende dal movente, per me incomprensibile. Goliardia? Dadaismo? Truffa? Esibizionismo? Che cosa può spingere uno o più esseri umani a qualificarsi da soli, inequivocabilmente, come pubblici estorsori di consensi, per giunta ai danni dei più sprovveduti? Il brivido di un paio di interviste (“mi dica: come ci si sente nel ruolo di uno che cerca di fregare i voti, e per giunta viene scoperto prima ancora di cominciare?”) basta a esporsi al ridicolo?
Va bene che ci sono concorsi per nasi alla Cyrano, per divoratori di angurie, per ruttatori, e insomma esiste una ricca casistica di persone che per ansia di fama sarebbero disposte a qualunque genere di umiliazione. Ma una lista civetta, perché? Se uno detesta le elezioni, o le considera un esercizio per fessi, perché non se ne rimane a casa e si dedica ad altro? Perché iscriversi a un torneo solo per disturbare, con il proposito, già in partenza, di soffiarsi il naso con il regolamento e farsi cacciare dall’arbitro già sul nastro di partenza? Per quanto stravagante – specie in questo scorcio d’epoca – sia il rapporto tra gli italiani e la polis, ci sono dei momenti in cui la polis dovrebbe chiamare i vigili.