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 2016  maggio 10 Martedì calendario

L’addio all’Atalanta di Bellini, capitano silenzioso


Il giorno dopo è dedicato agli impegni istituzionali: assemblea dell’associazione calciatori. Il modo migliore per smaltire la sbornia di adrenalina. Gianpaolo Bellini, 18 anni di fila all’Atalanta, fatica a tornare sulla terra dopo aver salutato il popolo bergamasco.
Cosa è rimasto di domenica?
«L’ingresso in campo, la coreografia della curva, il momento del rigore: i tifosi che chiedono che sia io a batterlo, i compagni che mi obbligano a farlo...».
Dalla canzone che le hanno dedicato: <Canto chi dopo 20 anni amò la Dea e non e non cambia mai idea>.
«È stata scritta sei anni fa, poteva andare diversamente, invece è ancora attuale»
Mai pensato di andare via?
«All’inizio ero tentato da un’altra esperienza, ma non ho mai forzato le cose. Poi dopo i 30 non ci ho più pensato anche perché è arrivato Percassi che mi ha dato fiducia offrendomi un contratto lungo. Non ho rimpianti e comunque non potrei averli dopo quello che è successo domenica».
Lei è bergamasco dentro: i luoghi comuni che non sopporta?
«Che siamo chiusi, che pensiamo solo a lavorare. Abbiamo un cuore, un attaccamento al territorio incredibile. Non è vero che per noi non esiste quello che non si misura in metri e in chili. Quando tiriamo fuori le emozioni, sono all’ennesima potenza».
I tifosi hanno srotolato uno striscione sul ponte che unisce Sarnico a Partinico, la sponda bergamasca del lago di Iseo a quella bresciana: Bellini ha unito due mondi lontani.
«Sarnico è casa mia, un paese di confine dove si sente molto l’atalantinità. Mi piace la rivalità di campanile, ma non si deve esagerare».
A proposito, cosa me pensa della passerella di Christo sul lago?
«L’idea è originale, l’occasione per far conoscere le bellezze dell’Iseo».
“La parola conduce, l’esempio trascina”: chi l’ha detto?
«Giulio Cesare e me lo ripeteva Francesco Conti, vice di Delneri. Una frase che mi rappresenta: ho sempre parlato poco, anche con i compagni«.
Si sente un antidivo?
«Direi di sì, non la considero una cosa negativa».
Tatuaggi?
«Nessuno, ma adesso ci sto pensando: deve essere una cosa molto piccola».
Vavassori che l’ha fatta debuttare in A: “Bellini era un uomo già quando giocava negli Allievi”.
«La testa mi ha permesso di arrivare al professionismo e di restarci, prima di qualche ragazzo del vivaio più dotato di me».
Colantuono: “Per capire cos’è l’Atalanta guarda come si allena Bellini”.
«Probabilmente gli allenatori vedevano in me un punto di riferimento».
Zampagna, centravanti sopra le righe: “È l’opposto di me, però in ogni squadra ci dovrebbe essere un Bellini”.
«Aggiungo: in ogni ci squadra di dovrebbe essere uno Zampagna. In un gruppo si mischiano caratteri e personalità diverse. L’attaccante che fa l’acrobazia che fa venire giù lo stadio e quello che corre. Con un gruppo di soli Bellini non si va da nessuna parte».
Come mai si chiamiamo tutti Gian qualcosa nella sua famiglia? I fratelli Gianmarco e Gianandrea, il padre Giancarlo, gli zii Gianpietro e Gianbattista…
«Io ho trasgredito, chiamando i miei figli Federico e Luca...».
Ci sono state polemiche perché al matrimonio ha invitato il Bocia Galimberti.
«Nessun imbarazzo, Claudio ha commesso errori, a volte gli ultrà sbagliano, ma fanno anche cose importanti per la squadra e la città che vanno riconosciute».
La partita che non dimentica?
«Coppa Italia, Atalanta-Roma del 2000: la prima volta in gol col mio amico Pinardi. E il 3-1 contro l’Inter di Mourinho».
La partita da cancellare?
«Il periodo, più che la partita. La vicenda delle scommesse che ha coinvolto me nel 2008 e dalla quale sono uscito pulito»
Com’è cambiato il calcio in 18 anni?
«Sono migliorate la preparazione, i metodi di lavoro, lo studio degli avversari, la cura dell’alimentazione».
E l’Italia?
«Paghiamo colpe che arrivano da lontano».
E Bergamo?
«Ha un carattere che le ha permesso di soffrire meno rispetto ad altre città».
Il futuro di Bellini?
«Non so ancora, vorrei staccare completamente, lasciare il campo. Resterò comunque all’Atalanta, questo importa. Magari riprenderò a studiare Scienze motorie».