MilanoFinanza, 10 maggio 2016
Cairo sta pensando di accontentarsi del 30 per cento di Rcs
Questo matrimonio non s’ha da fare. Almeno alle attuali condizioni. L’operazione di aggregazione tra Cairo Communication e Rcs Mediagroup, studiata da Intesa Sanpaolo (socio al 4,18% e primo creditore del gruppo di via Rizzoli, nonché advisor dell’ops tramite Banca Imi), è stata messa in bilico dalle valutazioni di Mediobanca, anch’essa azionista (6,2%) e creditrice (17,7 milioni) della casa editrice milanese.
L’istituto guidato da Alberto Nagel, come si legge nella nota diramata ieri su richiesta della Consob («Abbiamo fatto come il prete che in chiesa deve chiedere a entrambi i futuri sposi se si vogliono sposare», ha sintetizzato il presidente Giuseppe Vegas), «svolgerà le opportune valutazioni e si riserverà di valutare ogni opzione per la miglior valorizzazione della propria partecipazione, ivi incluso il mantenimento della stessa o eventuali proposte alternative, di cui possa essere destinatario». Piazzetta Cuccia si tiene dunque aperte tutte le porte: studiare a tempo debito la proposta di Cairo, mantenere le azioni in portafoglio e quindi non apportarle all’ops e infine valutare un piano-B per il futuro di Rcs. Il mercato ha immediatamente recepito e interpretato il messaggio, freddo, arrivato da Piazzetta Cuccia (oltre che lo stop al processo di offerta imposto da Consob, che ritarderà l’ops di almeno 15 giorni) al punto che ieri il titolo Rcs è balzato a 0,6 euro (+5,26%), allontanandosi dalla valorizzazione implicita nella proposta di Cairo (0,527 euro per azione) e avvicinandosi alla capitalizzazione della stessa Cairo Communication, che ieri in borsa ha lasciato sul terreno il 4,67%. Va ricordato che, nonostante le smentite di rito, sulla casa editrice proprietaria del Corriere della Sera è da tempo in atto una divergenza di vedute tra Intesa Sanpaolo e Mediobanca, entrambe decise a non mollare.
Come si potrà uscire da questo impasse? Nell’attesa che Cairo Communication (giovedì c’è l’assemblea straordinaria propedeutica all’operazione) presenti ulteriori elementi a completamento del prospetto depositato in Consob, continua ad avere contorni indefiniti l’identikit del possibile rivale dell’editore piemontese nella partita su Rcs. Fuori dai giochi appaiono la Caltagirone Editore (per motivi di Antitrust), la Poligrafici Editoriale, il gruppo De Agostini, il finanziere Andrea Bonomi (che già sedeva nel consiglio di amministrazione di via Rizzoli), la famiglia Pesenti (per anni socio forte di Rcs ) e Gavio.
Da decifrare poi la posizione della famiglia Rocca, che comunque di recente ha smentito anche le voci di un possibile merger tra il gruppo di via Rizzoli e Il Sole24Ore. Finora non è mai circolato il nome dei Benetton, alquanto liquidi ma da anni fuori dai giochi editoriali. Si è chiamata fuori anche la francese Vivendi (nonostante Vincent Bolloré sia socio rilevante di Mediobanca ), già impegnata sui dossier italiani di Telecom e Mediaset Premium, e, restando in Francia, appare improbabile un’entrata in scena di editori (come i proprietari di Le Monde) o industriali (come Dassault). L’unico che finora si è detto disposto a incrementare la propria partecipazione è Della Valle. Mentre UnipolSai (4,6%) è pronta a «valutare controfferte o il miglioramento di quella in atto». Al momento però non è allo studio un miglioramento dell’ops, come ha detto di recente Cairo. Il quale a questo punto potrebbe abbassare al 25-30% la soglia minima cui vincolare il successo della sua ops, che per il momento resta fissata al raggiungimento del 50% più un’azione. Il 25-30% infatti gli consentirebbe comunque di controllare di fatto Rcs e soprattutto costringerebbe al lancio di un’opa chiunque volesse contrastarlo sulla plancia di comando del blasonato gruppo editoriale milanese.