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 2016  maggio 10 Martedì calendario

Da dove parte il neoministro Calenda

Carlo Calenda giurerà oggi pomeriggio al Quirinale da ministro dello Sviluppo economico. La scelta a sorpresa di Matteo Renzi, che aveva assunto l’interim del dicastero poco più di un mese fa, è maturata solo a metà della scorsa settimana e dopo un passaggio con la presidenza della Repubblica sarebbe stata preannunciata giovedì al presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, a Roma per la tavola rotonda sullo Stato dell’Unione.
A gennaio infatti Calenda era stato nominato rappresentante permanente dell’Italia presso la Ue, con l’incarico di ricucire i rapporti con la diplomazia europea e di coordinare con maggior forza la posizione italiana su dossier estremamente delicati. Non è un caso che Renzi abbia chiesto al ministro designato di continuare a seguire alcuni temi almeno in una fase di transizione: una volta al mese Calenda sarà a Bruxelles per fare il punto con il gabinetto Juncker. Ci sono in gioco argomenti che toccano da vicino le competenze del ministero dello Sviluppo, come il trattato transatlantico Ttip, la contesa sulla concessione dello status di economia di mercato alla Cina, gli aiuti di Stato (Ilva, energia con il caso Alcoa e superinterrompibilità). Ma sarà garantito anche il passaggio di consegne con il successore per dossier portati avanti in altri campi – come il Migration Compact, le banche e la flessibilità dei conti pubblici – in una buona collaborazione con il gabinetto Juncker.
La scelta di Calenda ha riscosso subito unanimi consensi, sia nel mondo delle imprese sia negli ambienti politici. Il nuovo ministro era ieri a Roma, vista la sospensione delle attività per la Festa dell’Europa. Dovrebbe essere a Bruxelles domani, per sistemare le ultime incombenze, e di nuovo venerdì per il Consiglio Commercio estero che tratterà proprio della crisi siderurgica e dell’ipotesi di riconoscere la Cina come economia di mercato. Nel mezzo, o forse già stasera, la probabile presa di contatto con le strutture del ministero, per altro ben note. Calenda infatti è stato anche viceministro allo Sviluppo, nominato nel maggio 2013, e ha coordinato l’internazionalizzazione, le missioni all’estero, l’attrazione degli investimenti esteri.
E proprio la conoscenza del ministero è uno dei motivi forti che ha dettato la scelta di Renzi. Calenda rispetta il rigoroso silenzio fino al giuramento al Quirinale, ma si può provare a prevedere le sue prime mosse. In agenda ci sarà l’immediato rilancio del piano Manifattura Italia, fermo nei cassetti del ministero da quasi un anno. La Ue crede con convinzione alla digitalizzazione dell’industria verso il modello 4.0, al quale ha dedicato un progetto da 50 miliardi tra risorse private e pubbliche, e il nuovo ministro vorrà provare a tenere il passo, probabilmente modificando il piano già pronto al ministero in un’ottica di maggiore internazionalizzazione.
Tra le idee di Calenda potrebbe anche esserci un progetto di razionalizzazione degli incentivi alle imprese, tagliando quelli inutili per concentrare le risorse su quelli che producono vantaggi significativi. In rampa di lancio c’è poi da attendersi un set di misure per agevolare l’attrazione degli investimenti allo scopo di farci recuperare terreno nella graduatoria mondiale Doing Business (oggi l’Italia è al 45° posto), e qualcosa in questa direzione potrebbe essere inserita già nel prossimo decreto competitività.
Probabili un’indicazione per accompagnare la legge concorrenza verso una più rapida approvazione in Parlamento e un’attenzione specifica sui tavoli aziendali (Ilva, Alcoa, Meridiana, Almaviva i più noti) ma con un input preciso: ridurre i tempi di vertenze che troppo spesso si trascinano per mesi o addirittura anni.
Chi ha sentito in queste ore il ministro designato ha avuto l’impressione di uno schema d’azione già chiaro. Il ministero dello Sviluppo economico, dopo lo scandalo che ha portato alle dimissioni di Federica Guidi, ma anche durante gli anni passati, ha vissuto una fase di ripiegamento e ha bisogno di essere ristrutturato e rigenerato. In progetto c’è un intervento su due livelli: il primo toccherà le condizioni per fare impresa (di qui Industria 4.0 e Doing Business), il secondo le politiche industriali dirette, come gli incentivi da riorganizzare. Tutto richiederà una prima fase di assessment, di valutazione e raccolta di dati per capire che cosa finora nel ministero non ha funzionato e quali processi di lavoro possono essere migliorati. Poi scatteranno le prime misure, con qualche antipasto nel decreto competitività in arrivo tra fine maggio e inizio giugno e il piatto forte nella prossima legge di stabilità.