Il Messaggero, 10 maggio 2016
Mafia Capitale, Odevaine vorrebbe patteggiare e propone tre anni e 400mila euro
Avrebbe potuto accettare il giudizio del tribunale, e magari rinunciare a una eventuale prescrizione per sostenere addirittura che la sua carriera in Campidoglio e al Viminale è sempre stata specchiata. Invece Luca Odevaine, l’ex insospettabile vicecapo di gabinetto in Comune, e uomo di riferimento per Massimo Carminati & co nel Tavolo per l’immigrazione del Viminale e garanzia degli affari a sei zeri del clan, ha fatto una scelta che ha il sapore dell’ammissione. Chiederà il patteggiamento per ottenere – almeno – uno sconto di pena. L’ufficializzazione della richiesta da parte dell’avvocato Luca Petrucci dovrebbe arrivare lunedì: tre anni e un versamento di 400mila euro. D’altronde gli elementi in mano alla procura, dalle intercettazioni ai fiumi di denaro finiti sui conti e nelle società di Odevaine, lasciavano poche alternative alla difesa. E se la proposta del suo legale sarà davvero questa, la procura darà parere favorevole Odevaine proverà a chiudere in fretta questa avventura che lo ha visto al centro delle rete di corruzione distesa dal ras delle coop, Buzzi, e dal suo sodale Carminati. Se n’è parlato anche ieri, in udienza, di quei flussi di denaro che finivano nelle tasche del seminatore di pizzini che dal carcere provava a smerciare false rivelazioni per ottenere gli arresti domiciliari.
I SOLDIA capo di «un articolato meccanismo corruttivo», nella «sua qualità di appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo, Odevaine è risultato in grado di ritagliarsi «aree di influenza crescenti». Era una gestione a uso e consumo personale dell’emergenza: lui, dal Viminale, garantiva «consistenti benefici economici al”cartello di imprese” interessate alla gestione dei centri di accoglienza e disposte a pagare. Erano le coop che facevano capo a Carminati,”La Cascina” e alcune associazioni di area cattolica, i concorrenti erano tagliati fuori. In cambio Odevaine incassava mazzette e favori, come i corsi affidati a società fantasma a lui riconducibili. Era la prassi. Ieri, in udienza sono stati fatti ancora una volta i conti, la Domus caritatis ha veicolato ad Abitus, società riconducibile allo stesso Odevaine, un milione 915mila euro, dei quali 560mila sarebbero stati trasferiti all’uomo che gestiva gli affari della cupola al ministero, soldi che transitavano nei conti del patrigno, dei figli e della moglie. Nel complesso tra il 2012 e il 2014, il flusso generato dalla sola Domus caritatis a favore di Odevaine è stato quantificato in oltre 261mila euro.
Nel lungo conto elenco ci sono anche i soldi finiti nelle casse di Fondazione/integrazione, presieduta da Odevaine, e i bonifici alla fiduciaria Oltreoceano. Poi i contanti. A gestire gli affari, il commercialista Stefano Bravo, anche lui sotto processo per corruzione. In tutto risultano cinque consegne di denaro perr 65 mila euro e flussi bancari per 200mila.
Infine la società con Riccardo Totti, il fratello di Francesco: della Reluca srl, Odevaine controllava il 90 per cento, il 10, invece, era del fratello del campione. Amministratore unico Stefano Bravo.