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 2016  maggio 10 Martedì calendario

Donne in cerca di potere, uomini ambiziosi, figli sacrificati. In Gomorra 2 (da stasera su Sky Atlantic) il male s’infiltra ovunque

La ferocia nuda e cruda, la violenza come unico linguaggio, il valore – zero – dato alla vita. La resa dei conti in Gomorra 2, da stasera su Sky Atlantic HD i dodici episodi, è segnata da una scia di sangue. La serie dal libro di Roberto Saviano, diretta da Stefano Sollima, Francesca Comencini, Stefano Cupellini e Claudio Giovannesi, riparte da dove era finita: dall’inferno.
Le vele di Scampia, il vuoto, i cortili grigi dove giocano i bambini, entrano al Teatro dell’Opera di Roma, dove la serie è stata presentata in anteprima con tanto di red carpet. Gomorra 2 rivela, se è possibile, il volto ancora più feroce di Ciro (Marco D’Amore), divorato dall’ambizione, pronto a sacrificare tutto e a cercare nuove alleanze. Sulla piazza di spaccio la reggente è Scianel (Cristina Donadio), sorella di Zecchinetta. «Una iena che vuole solo il potere» spiega l’attrice. L’altra new entry femminile è Patrizia (Cristiana Dell’Anna), abituata a combattere fin da piccola. Spiega la regista Francesca Comencini: «Raccontiamo un sistema che coinvolge tutti e tutte, le donne non sono migliori, vengono schiacciate e cambiate nel loro modo di essere. Non sono portatrici di valori». «I loro ruoli nella criminalità sono sottovalutati – aggiunge Fortunato Cerlino – interpretando Don Pietro ho capito quanto sia importante avere accanto una Donna Imma».
Prodotta da Sky Atlantic, Cattleya, Fandango con Beta Film,  Gomorra è stata venduta in 130 paesi e si sta già scrivendo il terzo capitolo. In questo secondo atto Savastano si riprende la scena mentre il figlio Genny (Salvatore Esposito), tornato dall’Honduras, cresta di capelli da guerriero, è diventato l’uomo che voleva che fosse. Ma ai boss piace comandare e per il potere sacrificano anche i figli «che sono sangue e lacrime». «Poi verrà il tuo tempo Gennariello, ma adesso la parte mia me la faccio da solo» dice Don Pietro a Genny, che in Germania, per fuggire dalla polizia, si carica il padre sulle spalle e gli salva la vita.
Il male a Gomorra s’infiltra ovunque; non c’è giustizia né riscatto. «Non mi spaventa essere definito nichilista o malinconico: non lo sono. Puntare una contraddizione non significa patteggiare per quella contraddizione. Spesso si fa questo errore: prendersela con chi racconta il male e non con il male stesso. Lo scriveva già Giacomo Leopardi nello Zibaldone: “Gli italiani odiano chi nomina il male, non il male stesso”», dice Roberto Saviano rispondendo al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone che in un’intervista su Libero lo ha definito «nichilista». «Il problema è un altro spiega lo scrittore – con il governo Berlusconi l’antimafia e i temi mafiosi erano strumenti per mettere in crisi la situazione politica nazionale, ma anche oggi quando si parla di mafia si diffama il Paese. Penso non sia vero. C’è molto da fare e si può fare molto: non è tutto perduto, ci sono moltissime risorse. Raccontare è una di queste. Mi spiace molto – aggiunge Saviano – che si stia tornando a questa sorta di silenziosa omertà per cui non parlarne è sufficiente per risolvere il problema. Non credo che l’arte, in questo caso una serie, debba avere un obiettivo pedagogico, però ha la capacità antropologica di descrivere mondi e meccanismi. Chi ha paura di raccontare queste storie, parlo dei giornali ma anche della politica, teme ingiustamente di dare un’immagine sporca o contraddittoria del paese. Il rischio più grande che si sta correndo è di tornare a dieci anni fa, quando qualcuno disse che avrebbe strozzato chi raccontava. Non credo si possa dire che in Gomorra non ci sia bellezza. È la contraddizione di due binari paralleli. Gomorra racconta e non giudica, entra nel meccanismo della lotta di potere. Se nella prima serie avevamo mostrato la cosiddetta “scheda ballerina” per vincere le elezioni, in questa abbiamo mostrato l’assegnazione degli appalti, o come la camorra prenda il potere, come agisca. Nelle nuove puntate vogliamo raccontare il mondo attraverso Napoli».
Da Scampia alla conquista dell’Italia, con il traffico di armi, la spartizione degli appalti, il traffico di droga, un fiume sotterraneo di denaro. I camorristi hanno l’immagine di Padre Pio a casa e portano il crocefisso al collo.
Se le donne puntano al potere, i figli sfidano i padri. Con la sua cresta e lo sguardo minaccioso, Genny è pronto a tutto. Salvatore Esposito, che lo interpreta, è un gigante buono che si ferma con chiunque voglia farsi un selfie. Ha 30 anni, è nato nell’hinterland napoletano, conosce la realtà difficile che racconta la serie e sognava di fare l’attore da quando lavorava in un fast food. Gomorra, lo dice con un sorriso, gli ha cambiato la vita. «Sono cresciuto nelle periferia di Napoli, molti ragazzi che conoscevo hanno preso strade sbagliate» racconta «e si sono persi. Io avevo una famiglia alle spalle e sognavo di fare l’attore, sono venuto a Roma e ho frequentato la scuola di Beatrice Bracco. Genny è un sopravvissuto, un personaggio che cresce e si trasforma, è diventato una macchina da guerra ma il padre, che prima quasi si vergognava della fragilità del figlio, oggi non accetta il suo cambiamento. Non accetta che sia cresciuto, che possano essere pari grado. Da attore mi ritengo super fortunato per aver interpretato un ruolo come questo, e di far parte di un progetto così importante». Eppure c’è chi critica la serie perché dà «una cattiva immagine». «All’estero ne hanno apprezzato la qualità artistica, mentre in Italia ancora perdiamo tempo a fare obiezioni senza senso, perché in fondo il paese è provinciale», dice Esposito «questo è grande cinema. Una grande storia vale per quello che è».
Se per il produttore Riccardo Tozzi (Cattleya) questa fiction si può paragonare a un film del Neorealismo «perché mostra la realtà per quello che è», Andrea Scrosati (Sky) è fiero che Gomorra abbia conquistato il mondo parlando in napoletano. «All’inizio non ci scommetteva nessuno, ci prendevano per matti».