Il Sole 24 Ore, 7 maggio 2016
Erdogan non dà tregua a Bruxelles
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di sfidare l’Unione europea sulla legge anti-terrorismo al punto da mettere a rischio l’accordo sui migranti e la fine dei visti per i cittadini turchi in ingresso nella Ue.
Come mai questa scelta? I turchi ci tengono molto alla fine dei visti e va considerata in quest’ottica la missione del ministro per i rapporti con la Ue, Volkan Bozkir, della prossima settimana, durante la quale avverrà la discussione sui 5 punti sollevati dalla Commissione europea nell’analisi dell’armonizzazione della Turchia ai 72 criteri richiesti dall’Europa per il rispetto dell’accordo. Il punto critico è la definizione di «terrorismo» nella legislazione turca, troppo ambigua e vaga, ed emendamenti da apportare alla legge antiterrorismo; mentre giovedì il Parlamento di Ankara ha approvato la normativa sulla cooperazione internazionale in materia penale e giudiziaria, così come richiesto dai Ventotto.
L’obiettivo prioritario di Erdogan è il presidenzialismo e su questo punta da anni con tenacia e perseveranza. Per modificare in senso presidenzialista la Costituzione della Turchia, oggi una repubblica parlamentare, bisogna raggiungere il quorum dei 3/5 dei voti in Parlamento, necessari per approvare la modifica costituzionale e farla seguire da un referendum confermativo, o i 2/3 dei voti senza consultazione popolare. L’Akp, il partito islamico conservatore di Erdogan, ha oggi 317 deputati e ne mancano 13 per raggiungere quota 330, cioè i 3/5 del Parlamento turco.
Secondo l’opposizione laica, due sono le strade per questo scopo: approvare la fine dell’immunità parlamentare in aula, dopo aver già ottenuto tra risse furibonde nei giorni scorsi il via libera in Commissione, e poter attaccare i deputati dell’Hdp, il partito curdo, accusandoli di fiancheggiare i militanti del Pkk, gruppo considerato terrorista dalla Turchia, Ue e Usa.
Quando un deputato viene fatto decadere dal suo mandato, secondo la normativa turca, si deve andare al voto suppletivo e a quel punto l’Akp, il partito di maggioranza relativa, spera di guadagnare altri seggi necessari per l’agognato obiettivo di quota 330.
Secondo l’opposizione del fronte laico, se non dovesse raggiungere lo scopo in questo modo, Erdogan è pronto ad andare la voto anticipato confidando che gli ultimi sondaggi penalizzano sia il partito filo curdo Hdp sia i nazionalisti dell’Mhp, ponendoli sotto il limite della soglia di ingresso in parlamento del 10%. Senza questi due partiti Erdogan avrebbe una fetta maggiore di voti.
Come finirà il braccio di ferro tra Erdogan e la Ue? Probabilmente con un compromesso tra Ankara e Bruxelles che accetti una modifica di facciata alla normativa anti-terrorismo, lasciando però abbastanza margini di ambiguità perché la legge sia usata come un “maglio” secondo le esigenze di Erdogan. Spetta al Parlamento europeo dire l’ultima parola e decidere sul destino e l’onore dell’Europa.