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 2016  maggio 07 Sabato calendario

Agli 007 americani non piacciono i legami di Carrai con Israele, salta la nomina

Marco Carrai non avrà alcuna consulenza a Palazzo Chigi legata alla sicurezza informatica. Dopo sei mesi di annunci e tentativi andati a vuoto, Matteo Renzi ha dovuto rinunciare a portare al governo il suo fidato amico e prezioso fundraiser. Lo stop definitivo, dopo quelli già posti dal Colle, è arrivato su “vigoroso consiglio” dei Servizi segreti italiani fatti oggetto di un “costante e crescente pressing” da parte dell’intelligence statunitense. Il premier ha deciso di assecondare Washington. Almeno per ora.
Secondo quanto rivelato al Fatto da una fonte qualificata dei Servizi italiani e confermata da altre due fonti – una governativa, l’altra diplomatica –, l’obiettivo sembrava raggiunto già la scorsa settimana.
Ma quando venerdì 29 aprile – al termine del Consiglio dei ministri che ha certificato le nomine di Giorgio Toschi, Giampaolo Pansa e Franco Gabrielli rispettivamente a capo di Guardia di Finanza, Dis e Polizia – il premier ha ribadito l’intenzione di portare Carrai a Palazzo Chigi per “darmi una mano nel settore dei big data” le barbe finte si sono rimesse in moto. E da Washington è stato ribadito all’intelligence nostrana il suggerimento di non affidare alcun tipo di incarico a un uomo legato a Israele da rapporti sia amicali sia economici. Stando a quanto rivelato al Fatto, tale è stata la portata della preoccupazione espressa dalla Cia da spingere il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti, ad avvisare direttamente Renzi riportando a lui i timori americani. E così la nomina di Carrai, annunciata venerdì 29 dalla stesso premier per questa settimana, è definitivamente saltata.
A preoccupare gli Stati Uniti sarebbero per lo più gli interessi economici dell’ormai ex aspirante 007 a Tel Aviv e le sue amicizie israeliane. Per quanto riguarda le società, i maggiori dubbi sarebbero legati alla Cys4 e alle tre Wadi Venture registrate tra Lussemburgo e Tel Aviv, di cui il Fatto ha rivelato l’esistenza il 21 marzo 2016. Società riconducibili a Carrai e partecipate da grandi imprenditori delle infrastrutture pubbliche, consiglieri di Finmeccanica, capi di importanti gruppi bancari, ex agenti dei servizi segreti israeliani, uomini legati ai colossi del tabacco. Oltre al solito fedelissimo renziano, Davide Serra.
Tra i tanti soci figurano la Jonathan Pacifici & Partners Ltd – società israeliana del lobbista Jonathan Pacifici, magnate delle start up che dalla “silicon valley” di Tel Aviv – e la Leading Edge, riconducibile a Reuven Ulmansky, veterano della unità 8200 dell’esercito israeliano, creata nel 1952, equivalente alla National security agency (Nsa) degli Usa, dedita da sempre alla guerra cibernetica e alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana. Ulmansky è socio di Carrai anche nella italiana Cys4. Quest’ultima è l’azienda che avrebbe potuto occuparsi della cyber security se Carrai avesse ricevuto la consulenza.
Altro capitolo sono le amicizie di Carrai. A cominciare da quelle con il discusso Michael Ledeen, già finito in un’inchiesta dell’Fbi che ha individuato e smantellato una rete di agenti legati al Mossad intenta a sottrarre documenti riservati del Pentagono (come riportato dal Fatto il 23 aprile scorso), e con l’attuale ambasciatore di Israele a Roma, Noar Gilon, prossimo a essere sostituto da Fiamma Nirenstein ad agosto. Ma soprattutto i rapporti diretti con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al quale proprio Carrai ha organizzato la visita in Italia e l’incontro fiorentino con il premier Matteo Renzi.
Lo stop recapitato dalla Cia ai Servizi segreti italiani è stato formulato come “consiglio” finalizzato a evitare possibili interferenze da parte degli agenti israeliani. Ma va letto anche attraverso la dura campagna elettorale che si sta consumando negli Stati Uniti. Il governo democratico di Obama ormai da diversi mesi ha posto notevoli distanze da Netanyahu. Israele è da sempre schierato a favore dei neoconservatori. Che ricambiano. Pochi giorni fa, Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca, ha dichiarato che il governo di Tel Aviv deve continuare a colonizzare i territori palestinesi occupati in Cisgiordania e ha manifestato il “sostegno incondizionato” alla politica sionista. Una posizione assunta per ingraziarsi l’Aipac (potente lobby israeliana in America) ma che ha scatenato forti polemiche. I rapporti diplomatici tra Washington e Tel Aviv sono tesi ed è facilmente prevedibile che lo rimarranno fino alla proclamazione del successore di Obama il prossimo 8 novembre. Anche Renzi, con ogni probabilità, dovrà aspettare l’elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca per tornare alla carica con la nomina di Carrai.