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 2016  maggio 07 Sabato calendario

Ritratto di Benedetto Zacchiroli, diacono gay sbarcato alla corte di Renzi

“Mi hanno raccontato fin da piccolo che non si parla di cose personali quando si sta qui. E infatti non sono qui a fare il coming out del mio essere diversamente eterosessuale. Sono nato in una famiglia genuinamente perfetta. Mi è capitato di occuparmi di teologia e poi sono uscito così. Ti senti un po’ un Ogm”. Era il 21 febbraio di quest’anno e Benedetto Zacchiroli, ciuffo grigio in evidenza, dal palco dell’Assemblea del Pd, chiedeva un sì del partito alle unioni civili, pure senza adozione per gli omosessuali. Lui, gay, ex seminarista, diacono, coniava lo slogan: “Ci vuole uno S-cattodem”. Standing ovation. E sguardo ammirato di Matteo Renzi. “Zac”il Capo lo appoggia dagli esordi. Eppure è in quel momento che scatta la scintilla nella mente del premier: portarlo a Palazzo Chigi, nel suo staff. Nell’intervento “galeotto” ci sono le linee essenziali della biografia di questo bolognese, classe 1972. Laureato in Teologia, ulivista come suo padre, 9 anni in seminario. “Quando capirono che ero gay, mi dissero che il prete non lo potevo fare”, raccontò a un amico anni dopo.
Nel 2002 si dà alla politica. Girotondino e alfiere della “Costituzione più bella del mondo”, fa campagna elettorale per Cofferati e entra nel suo gabinetto come responsabile Esteri. Incarico informale: dare consigli sul look al sindaco. “Zac” affina la sua immagine di politico smart, vestiti trendy e scarpe fatte a mano. “Simpatico, brillante, ma non ha mai combinato niente nella vita”: su questo punto, le descrizioni convergono. Lo raccontano come uno colto, ma che ama occuparsi di tutto e di niente. Uno che ha sofferto, ma pure un “party- boy”. Molto mondano, frequenta la cerchia di Dalla, entra nelle grazie di Romano Prodi e passa le notti al Casero, il locale gay più antico di Bologna con Valentina Marchesini, figlia di Maurizio, presidente Confindustria Emilia Romagna. Nel 2011, alle primarie di Bologna, crea il tormentone, distribuendo volantini con la scritta: “Ecco arriva il sindaco misterioso”. Il candidato nascosto è lui. Perde ai gazebo contro Merola, ma si accredita. Facendo perno sulle sue doti di comunicatore. In quella campagna il coming out: “Vi dico una cosa, come teologo e come gay”. Rac-contò lui: “Matteo me lo presentò Lucio Dalla a una cena a Firenze nel 2007”. Da allora è sempre in prima fila agli eventi locali di Renzi, pronto a introdurlo a ogni convention. Si presenta alle parlamentarie Pd del 2012. Trombato. È responsabile Comunicazione del Pd cittadino. Spot gay, etero e lesbo per la Festa dell’Unità di Bologna 2015. Infaticabile su Facebook. Dove sostiene il Capo spaziando dal serio al faceto. Autenticamente renziano nel linguaggio. Per dire, su Fb, conia la parola “gelato – so”. Per il premier che mesi dopo si venderà con orgoglio un neologismo come “petaloso” sono cose che contano.
La storia recente racconta l’appoggio a Richetti nelle primarie emiliane. Anche se dopo il ritiro del deputato, gli basta una notte per spostarsi su Bonaccini. E un incarico da consigliere comunale di Merola. L’ultimo atto in città è un errore madornale: i manifesti del Pd per le Amministrative escono con la data sbagliata, 5 e 6 giugno. Lui si prende la responsabilità, Renzi lo chiama a Roma. La decisione pare fosse precedente: il poco impegno nella disfida bolognese era stato notato. Incarico ufficiale a Palazzo Chigi: segreteria organizzativa. Ma il premier si aspetta che dia una mano nella comunicazione. Sperando che non sia come dicono le malelingue: “Zac è bravissimo a fare campagna elettorale, ma non vince mai”.